domenica 30 agosto 2020

30 - Leggi costituzionali e referendum confermativo

La Costituzione della Repubblica Italiana è una costituzione rigida, ossia può essere modificata soltanto mediante leggi che seguono procedure diverse e più complesse di quelle ordinarie e che hanno lo stesso rango della Costituzione nella gerarchia delle fonti del diritto italiano. 
In particolare, l'articolo 138 della Costituzione prescrive le modalità di modifica della stessa:
SEZIONE II. – Revisione della Costituzione
 Leggi costituzionali - Art. 138.
Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla  maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.
Per completezza di informazione, riporto anche l'articolo 139 (ultimo) della Costituzione 

Art. 139. - La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.

in modo tale che i nostalgici della "belle epoque" si mettano pure l'anima in pace.

Il prossimo appuntamento alle urne elettorali del 20 e 21 Settembre riguarda un referendum confermativo, detto anche semplicemente costituzionale, e si riferisce alla riduzione del numero dei parlamentari (ne parleremo nel prossimo post).
Mentre per il referendum abrogativo (serve per depennare in via totale o parziale una legge o un atto avente valore di legge) l'articolo 75 della Costituzione stabilisce che il referendum “passa” soltanto se si presenta alle urne la maggioranza degli aventi diritto al voto e venga raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi, nel caso del referendum confermativo è sufficiente raggiungere la maggioranza semplice (la metà più uno) dei voti espressi, senza alcun quorum di votanti.

Un esempio importante di referendum confermativo fu quello del 7 Ottobre 2001, in merito alla riforma che prevedeva:
  • la sostituzione di 7 articoli (114, 116, 117, 118, 119, 120, 127);
  • la modifica di 2 articoli (123, 132);
  • l'abrogazione di 6 articoli o disposizioni (115, 124, 125 co.1, 128, 129 e 130).
In relazione al prossimo referendum, la suddetta riforma che venne approvata con procedura referendaria, ha portato ad una ridefinizione delle materie rientranti nella potestà legislativa esclusiva e concorrente dello Stato e delle Regioni, come indicato dal vigente articolo 117 della Costituzione
In pratica, molte materie fino ad allora rientranti nell'esclusiva potestà legislativa dello Stato, sono divenute oggetto di legislazione concorrente Stato-Regioni (ad esempio, Istruzione, Tutela della salute e Governo del territorio, tanto per citarne alcune molto impegnative dal punto di vista della regolamentazione), oppure sono state trasferite alle Regioni, in via residuale ("Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato" - art.117 Cost.).
Appare evidente, quindi, anche alla luce di questo parziale federalismo, che il gravame legislativo del nostro Parlamento si sia ridotto in modo significativo, comunque tale da giustificare la riduzione da 945 a 600 elementi (riduzione del 36,5%); riduzione già approvata dal Parlamento con la Legge di "Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari" che siamo chiamati a confermare con il prossimo referendum.

29 - Imputazione coatta e avocazione delle indagini


"Platone mi è amico, ma mi è più amica la verità."
(Amicus Platus, sed magis amica veritas)
Aristotele

La citazione riportata in epigrafe dovrebbe essere scritta in ogni ufficio delle Procure della Repubblica in Italia, perché talvolta accade che non sia così: le relazioni dirette o, più spesso, mediate con amici, amici degli amici etc. giocano un ruolo importante e negativo nell'obbligo dell'azione penale che spetta costituzionalmente (art.112 della Costituzione) al Pubblico Ministero.
Informato in un qualsiasi modo di un possibile reato (in linguaggio legale, appresa una notitia criminis), il magistrato inquirente dell'ufficio del Pubblico Ministero ha l'obbligo di accertare la verità dei fatti appresi, indagando direttamente e avvalendosi delle sezioni di Polizia Giudiziaria (aliquote Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza) presenti presso ogni Procura della Repubblica. 
Obbligo del magistrato è quello di accertare la verità dei fatti pro o contro l'eventuale accusato (indagato), quindi chiedere il rinvio a giudizio dello stesso se vi sono fondati motivi, oppure chiedere l'archiviazione del caso qualora non sia emerso nulla di penalmente rilevante nel corso delle indagini.
Non sempre è così.
Nell'anno 2012 presentai una documentata denuncia per appropriazione indebita di una somma consistente elargita dallo Stato (destinata al pagamento di una mia parcella professionale relativa ad un progetto di ripristino con miglioramento sismico di un gruppo di abitazioni), oltre ad eventuali altri reati che il magistrato inquirente avesse ravvisato.
In proposito, è bene precisare che il denunciante deve descrivere i fatti, che ritiene meritevoli di indagine, nel modo più completo, chiaro e documentato possibile; spetta invece alla magistratura inquirente accertare la verità sugli stessi e ravvisarvi eventuali violazioni del codice penale (principio: iura novit curia), chiedendo in caso di accertamento positivo il rinvio a giudizio degli indagati, che diventano quindi imputati nel processo.
Bellamente, il solito Sostituto Procuratore incaricato del caso (non certo amico mio e della verità, ma piuttosto amico del giaguaro e della passera), chiese l'archiviazione del caso, inaccettabile conclusione senza il supporto delle doverose indagini; questo perché, pur trattenendo il soggetto da me accusato soldi non suoi (ma miei, per la precisione), io sottoscritto avevo comunque intrapreso azioni civili per il recupero del credito che vantavo, testimoniato dal lavoro svolto e approvato dall'ente pubblico preposto e da una parcella professionale validata dal mio Ordine professionale di appartenenza.
In altri termini, con un ragionamento fallace e volutamente di parte, le azioni civili da me intraprese avrebbero estinto il reato (?), a dire del Sostituto Procuratore.
Senonché, a qualche anno di distanza, un avvocato nominato dal Tribunale per la controversa e problematica gestione dei fondi pubblici per la ricostruzione post-terremoto, presentò un esposto alla Procura della Repubblica sulla grave situazione finanziaria in cui versava il Consorzio per la ricostruzione, già oggetto della mia denuncia sopra citata.
A questo punto la Procura, forse anche per lo status del denunciante, si decise alle doverose indagini, scrupolosamente condotte dalla Guardia di Finanza, su delega del magistrato incaricato del caso.
Indagini che hanno effettivamente appurato nei fatti (vale a dire nei documenti contabili del Consorzio per la ricostruzione post-sisma) un utilizzo per altri scopi di fondi pubblici a destinazione obbligata per la ricostruzione: il reato ravvisato è indubbiamente Malversazione a danno dello Stato (art.316bis del Codice Penale).
Qui un altro colpo di scena (in negativo): il magistrato che ha condotto l'indagine, forse per coprire il grave comportamento tenuto anni prima dal suo collega-amico che archiviò la mia denuncia, ha chiesto a sua volta l'archiviazione del caso, giustificando l'autore della malversazione accertata con un'ipotesi di comportamento che lo stesso avrebbe potuto tenere, ma che nei fatti non ha tenuto (incredibile ma vero!).
In altri termini, con una capziosa fallacia nel ragionamento, il magistrato volutamente  confonde e attribuisce lo stesso valore ai fatti accertati dalle indagini (che costituiscono reato) e alle ipotesi da lui stesso avanzate (che costituirebbero causa scriminante del reato) e non supportate da nulla, neppure da dichiarazioni dell'indagato, mai ascoltato; di conseguenza, assolve, per così dire, l'indagato stesso dal reato attestato dalla documentazione acquisita e esaminata dalla Guardia di Finanza.
In questi casi, purtroppo più frequenti di quanto si possa pensare e che fanno leva sull'ignoranza dei cittadini, restano due strade per il denunciante, in genere persona offesa o persona danneggiata:
  1. la richiesta di imputazione coatta (art.409-comma 5 del Codice di Procedura Penale), da avanzare al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP);
  2. la richiesta di avocazione delle indagini (art.372 del Codice di Procedura Penale), da avanzare al Procuratore Generale presso la Corte d'Appello competente per territorio.

mercoledì 26 agosto 2020

28 - L'ordinamento giudiziario italiano

La Costituzione della Repubblica Italiana, in vigore dall'1 Gennaio 1948, prevede all'art.24-comma 1 che 
Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.

Tale tutela si estende anche nei confronti della Pubblica Amministrazione (sigla P.A.), come recita la stessa Costituzione all'art.113-comma 1:
Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei 
diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa.

Per l'effettiva tutela di diritti soggettivi e interessi legittimi dei cittadini, ossia per l'esercizio della funzione giurisdizionale, è stato necessario costruire un ordinamento giudiziario in applicazione del principio dettato dall'art.25 Costituzione-comma 1:
Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge 

e dall'art.102-comma 1:
La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari
istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario.

Vediamo dunque la struttura di base di tale ordinamento, che deriva dai seguenti criteri:
  1. per la tutela dei diritti soggettivi operano i Tribunali ordinari, sezioni civili, in tre gradi di giudizio (1° grado, Appello, Cassazione);
  2. per l'accertamento dei reati operano le Procure della Repubblica, che si avvalgono dell'ausilio delle sezioni di polizia giudiziaria presenti presso le sedi della Procure (nucleo Carabinieri, Polizia di Sato, Guardia di Finanza);
  3. per la punizione dei reati accertati operano i tribunali ordinari, sezioni penali, in tre gradi di giudizio (1° grado, Appello, Cassazione);
  4. per la tutela degli interessi legittimi lesi dalla P.A. operano i tribunali amministrativi, in due gradi di giudizio (Tribunale Amministrativo Regionale, Consiglio di Stato);
  5. la tutela dell'interesse generale sulla corretta gestione dell'erario pubblico spetta alla Corte dei Conti;
  6. in merito a reati e controversie di carattere tributario giudicano le Commissioni tributarie;
  7. Il Tribunale Superiore delle acque pubbliche decide in grado di appello le cause in materia di diritti soggettivi sulle controversie relative alla gestione delle acque;
  8. in materia di reati commessi da esponenti delle forze armate operano i Tribunali militari.
Nell'ambito di alcuni tribunali ordinari, sono poi istituite particolari sezioni specializzate, che trattano casi in specifiche materie che richiedono particolari requisiti e competenze (minorenni, sezioni agrarie, impresa e diritto d'autore etc.).

A tutela delle garanzie costituzionali opera la Corte Costituzionale, come previsto dalla stessa Costituzione all'art.134:
La Corte costituzionale giudica:
  • sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni;
  • sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni;
  • sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione.
L'accesso all'esercizio della funzione giurisdizionale è regolato dall'art.106 della Costituzione:
Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.
La legge sull’ordinamento giudiziario [108] può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.
Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all’ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni,professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni d’esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.

Il Consiglio Superiore della Magistratura (sigla CSM) è l'organo autonomo di governo della Magistratura, come specificato dall'art.104 della Costituzione:
La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.
Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica.
Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.
Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.
Il Consiglio elegge un vice-presidente fra i componenti designati dal Parlamento.
I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.
Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.

Purtroppo non esiste un testo unico che descriva e disciplini una materia così articolata, complessa e importante per la pacifica convivenza civile (senza la giurisdizione, ossia l'applicazione di fatto delle leggi, sarebbe una giungla selvaggia e sanguinosa), ma le leggi fondamentali in materia possono riassumersi come segue:
  • la Costituzione;
  • Il Regio Decreto 12/1941 sull'Ordinamento giudiziario;
  • i decreti legislativi attuativi degli anni 2005-2007.
Nei prossimi post, quando sarà opportuno, torneremo su aspetti specifici di tale materia, anche parlando di giusto processo, di richiesta di avocazione delle indagini e di ricusazione del giudice.

domenica 23 agosto 2020

27 - Il Diritto e la lingua italiana

Ho notato che, in molti ambiti, la nostra bella lingua italiana viene spesso imbarbarita da termini stranieri (soprattutto inglesi ed americani) usati a sproposito e con assoluta mancanza di chiarezza nel significato.
Accanto all’uso di forme sincopate e di neologismi (spesso dall’etimo incerto) nei settori informatico e tecnologico, perdura anche, con ostinazione, l’abitudine pseudo-dotta (o meglio, il vizio) di impiegare termini e locuzioni in latino in ambito legale.
Premesso che ritengo che chi usa “NIMBY” (acronimo di Not In My Back Yard, cioè "non nel mio giardino") o “performante” (efficace) abbia lo stesso quoziente intellettivo e soprattutto la stessa volontà di chiarezza di chi usa “de cuius” per indicare un defunto (dalla frase “de cuius hereditate agitur”, ossia "dell’eredità del quale si tratta"), in ambito legale questo vizio del “latinorum” alla Azzeccagarbugli si rivela molto pericoloso, perché rende oscure norme di legge che invece dovrebbero essere comprensibili a tutta la gente, al popolo che è sovrano, non suddito: 
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. - (art.1 Costituzione della Repubblica Italiana).

Fa specie che in un’epoca nella quale persino la Chiesa di Roma (non certo una associazione rivoluzionaria) ha abbandonato da decenni il latino nella celebrazione delle funzioni religiose, si continui ad usarlo (per di più a sproposito) in un settore che dovrebbe garantire la democrazia nel nostro Paese (piccola annotazione: i nostri Padri Costituenti, dopo aver scritto la Costituzione della Repubblica Italiana, prima di pubblicarla, affidarono il testo ad un gruppo di linguisti affinché lo rendessero semplice e comprensibile a tutti, oltre a migliorarne lo stile).
Una spiegazione di questi vizi duri a morire c’è: taluni settori e categorie tendono a rendere esoterico il proprio linguaggio (impropriamente definito “tecnico”) seguendo il principio che “l’ignoranza dei molti è il privilegio di pochi”; in altri termini, “il popolo meno sa, meglio sta”.
Si tratta di uno degli strumenti più subdoli ed efficaci (proprio perché subdolo) per cui i servitori dello Stato diventano spesso comandanti del popolo.
Riporto alcuni aneddoti reali che possono dare un'idea chiara di ciò che ritengo importante.

Tempo fa, su richiesta dell'interessato e a titolo gratuito, diedi delle ripetizioni di Fisica a un signore che doveva partecipare a un concorso; mi accorsi che il suddetto scriveva peggio di come parlava (e non è che avesse un eloquio da Accademia della Crusca!); quando gli feci presente la cosa, mi rispose che non era poi così importante, secondo lui, usare le parole giuste per definire i termini di un discorso, anche se di natura tecnica, perché chi leggeva il suo scritto comunque avrebbe capito. Nulla di più sbagliato e per cercare di fargli capire il concetto, gli feci un esempio tratto dalla meccanica pratica, cosa di cui era appassionato e anche capace. Gli dissi che le parole sono un po' come le chiavi che si usano per stringere e allentare i bulloni: gli sarebbero riuscite tali operazioni usando una chiave non dello stesso diametro del dado, ossia, è possibile stringere o allentare un dado del 12 con una chiave del 14 e viceversa? 
Riflettette per qualche giorno sulla cosa e poi mi disse che effettivamente avevo ragione.

Alcuni anni fa, la mia brava avvocatessa di Torino con la quale ho vinto tutte le cause civili di recupero crediti, scrisse una richiesta di anticipazione di udienza, sollecitando direttamente il Presidente del Tribunale a intervenire, considerata la tattica chiaramente dilatoria adottata dalla controparte e tollerata dal giudice del processo civile.
Oltre agli abbondanti appellativi introduttivi ("Alla S.V. Illustrissima etc. etc.") che mi riportarono alla mente le "gride" del Manzoni ne I promessi sposi, l'avvocatessa usò l'espressione "si insta alla S.V. Ill.ma etc. etc.", a me ignota.
Andai a cercare sullo Zingarelli e il verbo instare, intransitivo, effettivamente esiste e significa "si fa istanza"; solo che, accanto al lemma, compariva una piccola croce latina che indicava trattarsi di un termine ormai in disuso, come confermava l'esempio riportato di una frase del Sarpi: questo signore, un dotto frate commentatore del Machiavelli (è sua la frase "il fine giustifica i mezzi", erroneamente attribuita al filosofo fiorentino), credo che sia stato tra gli ultimi a usare quel verbo...

Infine, consentitemi una piccola volgarità, utile a far capire il concetto.
Un giorno parlavo in tribunale con un simpatico e arguto agente librario (sono stato per qualche tempo tra i suoi migliori clienti) e gli dicevo che il Diritto, materia per me nuova, richiedeva un'estrema precisione linguistica, persino nella punteggiatura.
L'agente non solo ne convenne, ma qualche giorno dopo mi inviò su WhatsApp un esempio chiarissimo sull'importanza della punteggiatura, probabilmente da lui scovato su internet.
Premetto che il suddetto agente è persona di spirito e, pur non essendo ormai negli anni più verdi, sente ancora il richiamo della foresta come Zanna Bianca.
Nell'esempio che mi inviò c'era la foto di un signore girato per tre quarti di spalle che scrutava l'orizzonte, con accanto questa frase:
Nella vita non ho nessuno scopo e sono felice.
Frase indubbiamente di senso compiuto, anche se difficilmente condivisibile, almeno per me che non riesco a capire come si possa essere felici mancando qualsiasi progetto o programma di vita o obiettivo da raggiungere.
Subito dopo, la scritta "l'importanza della virgola" introduceva una seconda frase in tutto simile alla prima, tranne che per una virgola:
Nella vita non ho nessuno, scopo e sono felice.
L'importanza, appunto, della punteggiatura.

sabato 22 agosto 2020

26 - Il circo mediatico tra vulnus inesistente e ignoranza galoppante

Qualche anno fa seguii con interesse la presentazione di un libro dell'avvocato Ennio Amodio, dal titolo l'Estetica della giustizia penale, di cui riporto un piccolo stralcio iniziale.
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Nel libro (e nel convegno) l'avvocato Amodio argomenta che, essendo il processo penale qualcosa della massima importanza che comporta sofferenza per l'imputato (tanto più se innocente), esso non dovrebbe essere disturbato da interferenze mediatiche come purtroppo avviene spesso in Italia.
Un caso per tutti: ricorderete il delitto di Cogne, con una trasmissione in seconda serata sulla RAI che si distinse per superproduzione di plastici del luogo del delitto e discussioni spesso oziose e deleterie per l'accertamento della verità. 
Sulla gravità del processo non vi sono dubbi, perché sono in gioco la libertà e l'onore dell'imputato e tutto si deve svolgere correttamente secondo le regole condivise e definite nel codice di procedura penale (non è un caso che si parli di rito processuale, quasi ad attestarne la sacralità della portata ai fini dell'esistenza di un uomo).
Purtroppo questa semplice regola di buon senso viene spesso violata, per ragioni di mercato televisivo (audience), il tutto aggravato da un'ignoranza che appare incredibile anche a me che non sono certo un luminare del Diritto.
Due esempi.

1. Ricorderete anni fa il caso, che fece notizia per diversi giorni, di un anziano che viveva da solo e che dovette essere ricoverato in ospedale; al momento della dimissione, fortunatamente guarito, trovò il proprio appartamento occupato da una famiglia di extracomunitari con bimbi piccoli che faticò a mandar via. Ricordo che in una di quelle mirabolanti trasmissioni che raccolgono "dotti, medici e sapienti" tuttologi, si scatenò un'accesa polemica, fino a quando il sapientone di turno cercò di chiudere la questione parlando di un "vulnus" nel nostro sistema giuridico per casi come quello, sintomo inequivocabile di mala giustizia. Dal contesto del suo discorso, si capiva che il sapientone intendeva per vulnus l'assenza di una norma che regolasse la materia trattata (quindi, forse il termine latino non era appropriato), ossia l'occupazione abusiva di una proprietà; interpretazione avvalorata dal fatto che l'anziano faticò mesi per riavere l'unico alloggio di sua proprietà dove abitava.
A dispetto di tante discussioni e anche di dubbi che la stessa magistratura ebbe sul caso, vediamo che cosa prevede il vigente codice penale all'art.633 Invasione di terreni o edifici
Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032.
Non mi pare che vi siano vuoti legislativi o dubbi di interpretazione!

2. Un giorno, quando i miei nipoti erano piccoli, la madre fu costretta a chiamare il 112 perché il cane di un vicino, di razza Rottweiler (tristemente famosa), abbaiava furiosamente e, pur essendo rinchiuso in un balcone al primo piano di un alloggio che dava sul cortile dove giocavano i bimbi, rappresentava sicuramente una seria minaccia.
Eppure, i militari arrivati sul posto stettero quasi per un'ora a guardare il cane che non accennava a calmarsi e dissero a mia cognata che non potevano fare nulla. 
Non è così, perché l'art.659 del Codice penale prevede il caso e la conseguente punizione:
Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309.
Si può ben capire che in molti casi le leggi esistono e sono state elaborate in modo adeguato; purtroppo, esiste anche tanta ignoranza e supponenza da parte di coloro che, invece di cercare gli strumenti giuridici adeguati, sparano a zero su presunte mancanze del nostro sistema giuridico: direi che il vulnus esiste sì, ma nel loro cervello. 


mercoledì 19 agosto 2020

25 - Struttura e contenuti di un atto giudiziario

Riportiamo in queste note alcune precisazioni relative agli atti giudiziari, con riferimento allo schema del precedente post 24 che si richiama.

1. Nella prima parte occorre indicare in modo completo nome e cognome dello scrivente (Attore) che lamenta una o più violazioni di legge a suo danno, insieme con indirizzo di residenza e di eventuale posta elettronica certificata (PEC); in particolare, occorre assolutamente riportare il codice fiscale, il quale identifica in modo univoco e perciò inequivocabile l'Attore.

Andranno riportati gli stessi dati relativi all'eventuale avvocato assunto dall'attore, essendo la presenza di un legale necessaria in aula di tribunale per assicurare la difesa tecnica dell'assistito; occorre precisare anche se lo studio dell'avvocato incaricato viene eletto per la domiciliazione delle comunicazioni provenienti dall'autorità giudiziaria.

2. Nel caso si conosca la persona e/o le persone che ha/hanno agito a nostro danno, occorre riportarne i dati; questi ultimi sono assolutamente necessari in caso di citazione a giudizio in sede civile, mentre in sede penale sarà il Pubblico Ministero, funzionario dello Stato, a rappresentare l'istanza mossa contro l'accusato, qualora in sede di indagine preliminare, svolta dalle Forze dell'Ordine delegate, siano risultate confermate le accuse.
Nel caso si denunci la sola violazione di legge, ad esempio un furto, senza sapere chi lo abbia commesso, la stessa denuncia verrà registrata contro ignoti e le indagini punteranno proprio ad individuarne il responsabile o i responsabili (diversamente, nella querela, colui che si ritiene responsabile della violazione di legge deve essere individuato in modo tale che gli investigatori possano riferirsi ad esso, dopo averlo opportunamente identificato).

3. Nella descrizione dei fatti occorre procedere con estrema sinteticità e chiarezza, esponendoli in ordine cronologico, evitando ripetizioni e, soprattutto, commenti, i quali, dettati da rancore verso chi ci ha danneggiato, offrirebbero facilmente la possibilità all'accusato di presentare una contro-querela.
L'esposizione dei fatti risulterà tanto più chiara e convincente in presenza di documenti che ne attestano la veridicità, da allegare all'atto principale e facilmente richiamabili e consultabili dal magistrato se l'atto viene elaborato come documento ipertestuale, contenente collegamenti (links) ai documenti che ne permettono l'automatica apertura (come i links presenti in questo e negli altri post, per intenderci); per questo risulta necessaria una certa conoscenza di informatica di base da parte dell'avvocato o del cliente, in modo che il file principale dell'atto, in formato pdf, sia collegato a tutti gli allegati, nello stesso formato, anche se derivanti da scansione (si pensi ad esempio ai documenti cartacei che andranno scansionati e trasmessi per via telematica all'Autorità Giudiziaria).

4. Quanto sopra detto vale anche per i riferimenti giuridici che occorrerà citare in modo preciso e puntuale, riferendoli cioè a ciascuno dei fatti descritti e che si ritengono costituire violazioni di legge; in proposito, si rammenta che in sede penale il fatto descritto deve costituire un reato precisamente codificato, non potendo avvalersi di similitudini con fatti analoghi magari oggetto di condanna (in altri termini, non ci si può avvalere dell'analogia legis e dell'analogia iuris). 
Personalmente. da non professionista del settore e neppure da cultore della materia, ma piuttosto da "forzato del Diritto", preferisco citare integralmente (cioè testualmente) gli articoli di codice che ritengo siano stati violati, mentre gli avvocati usano semplicemente citarli come numero, senza riportarne il contenuto.
Anche qui sono da evitare inutili se non deleteri commenti e attenersi ad un'esposizione il più possibile oggettiva e impersonale, sottolineando in periodi separati (come nei commi degli articoli di legge) gli aspetti di maggiore importanza (mi è capitato di leggere persino qualche atto giudiziario contenente interiezioni da fumetto per esprimere sgomento verso le ragioni senza fondamento esposte dalla controparte: cosa assolutamente da evitare).

5. Le richieste avanzate al Giudice devono essere esposte in modo tale che risulti evidente la logica connessione con i fatti esposti e con i riferimenti giuridici.
In particolare, eventuali richieste di risarcimento e di punizione del colpevole devono essere supportate da riferimenti precisi e oggettivi, che derivano da un procedimento di valutazione passibile di verifica (in altri termini, non possono essere frutto di fantasiosa ideazione da parte dell'Attore e/o del suo avvocato).
Nel caso non sia possibile adottare un metodo di stima comprovato e oggettivo, occorrerà chiedere la valutazione equitativa da parte del giudice (nei casi di danno di immagine o esistenziale, ad esempio), pur descrivendo accuratamente il danno che si ritiene aver subito alla luce dei fatti esposti e comprovati.

6. Le citazioni giurisprudenziali (sentenze) devono essere coerenti con il caso che si tratta, ma non ritengo utile abusarne, soprattutto nei casi frequentissimi in cui si riprendano sentenze della Corte di Cassazione; ricordiamo, infatti, che non costituendo la giurisprudenza fonte di diritto, la citazione convinta e ripetuta di sentenze di altri tribunali potrebbe indisporre il Giudice, il quale deve applicare la legge con il proprio personale metro di giudizio e secondo il suo convincimento, non seguire pedissequamente quanto disposto da suoi colleghi in casi analoghi.

7. Infine, quanto può essere derivato dalla dottrina, ossia dall'esame, condotto da studiosi, delle leggi che interessano il caso specifico, è utile solo ai fini delle argomentazioni a supporto delle proprie richieste avanzate al Giudice, ma credo che risulterebbe deleterio presentarle in modo esplicito come riferimento da tenere in necessaria considerazione.  

martedì 18 agosto 2020

24 - Gli atti giudiziari

In tutti i casi in cui a difesa dei propri diritti e a tutela dei propri interessi si è costretti a far intervenire l'autorità giudiziaria, anche attraverso un primo intervento delle Forze dell'Ordine, occorre procedere con atti scritti.
Scopo di queste note non è quello di sostituirsi all'avvocato (neppure io lo sono), il quale necessariamente dovrà essere incaricato nei casi più gravi, quanto piuttosto quello di comprendere gli elementi di base che un atto giudiziario deve contenere, sia che si tratti di denuncia, querela, citazione a giudizio, memoria difensiva etc., e la struttura organizzativa dello stesso, in modo tale che esso risulti chiaro, documentato, privo di illazioni indimostrabili (deleterie per lo stesso autore) e di inutili ripetizioni che ne rendono difficile la comprensione e non di rado suscitano anche un certo disappunto nel magistrato chiamato a trattare il caso.
La comprensione della struttura di un atto giudiziario faciliterà anche il dialogo con il proprio avvocato, evitando frequenti incomprensioni e, talvolta, persino una certa approssimazione nell'esposizione delle proprie ragioni.
La presentazione di un atto scritto all'autorità giudiziaria presuppone una richiesta (in gergo legale, petitum, dal verbo latino petere, ossia richiedere) che lo scrivente rivolge all'autorità stessa, affinché essa intervenga in difesa dei propri diritti e interessi, secondo le regole trascritte nei codici legislativi.
La richiesta che viene rivolta all'autorità giudiziaria deve essere adeguatamente motivata; tali ragioni vengono indicate in gergo legale con l'espressione latina causa petendi (ossia, motivazioni della richiesta).
Petitum e causa petendi sono i due elementi cardine la cui assenza rende l'atto privo di significato, quindi non solo inefficace ai fini della tutela di diritti e interessi, ma addirittura deleterio per chi lo presenta, perché offre, al soggetto citato, la possibilità di formulare a sua volta richieste per il ristoro dei danni materiali e di immagine a lui provocati dall'autore dell'atto.
Richiesta e motivazioni della richiesta devono avere un loro fondamento giuridico, nel senso che si può lamentare solo ed esclusivamente una violazione di legge effettivamente avvenuta (Fatto), prevista dal nostro ordinamento giuridico (Diritto).
Infine, utile ma non strettamente necessario, il riferimento a casi analoghi trattati dalla magistratura e giunti a sentenza (giurisprudenza); ricordiamo in proposito che nel nostro sistema giuridico (cosiddetto civil law) le sentenze non costituiscono fonte di diritto (vedi post n°18), ma la loro corretta citazione, se relative a casi analoghi a quello proposto, può risultare utile e aiutare il magistrato nel proprio convincimento, pur essendo egli soggetto soltanto alla legge.
Lo schema a blocchi che segue rappresenta la struttura essenziale e generica di un atto, con gli elementi fondamentali che necessariamente dovranno essere presenti:
(fare clic sull'immagine per ingrandirla, ESC per ritornare al testo)

Credo che esso possa risultare utile ai cittadini nel consultare e comprendere gli atti scritti da professionisti del settore (avvocati, ma anche Pubblico Ministero), in modo da poter interloquire con essi consapevolmente, possedendo almeno le conoscenze di base.
Come si nota nel diagramma, Fatto e Diritto sono gli elementi che dovranno convincere il Magistrato che la richiesta dello scrivente merita accoglimento (an debeatur = se sia dovuto); le richieste motivate dovranno dimostrare la fondatezza di ciò che si chiede in termini di ristoro e/o di condanna del Convenuto (quantum debeatur = quanto sia dovuto).  
Sottolineo, infine, che ogni parte dell'atto deve essere coerente e deve integrarsi con le altre; in caso contrario, conterrà punti deboli interni che faciliteranno la risposta della controparte, sino ad una possibile contro-richiesta di danni (ad esempio, mediante domanda riconvenzionale).
Non stupisca l'uso di locuzioni in latino, appositamente riportate perché (purtroppo) ancora impiegate nel linguaggio legale; così, l'atto solitamente si conclude con l'istanza di accoglimento delle proprie richieste, introdotta dalla formula contrariis reiectis (= rigettata ogni istanza della controparte).
Nel prossimo post vedremo in dettaglio come strutturare un atto che sia completo e che contenga i necessari rimandi alla documentazione di supporto allegata; essa costituisce l'insieme degli elementi di prova, in quanto le prove in senso stretto si formano a partire da tale documentazione, durante il processo, nel contraddittorio tra le parti in causa.
  

sabato 15 agosto 2020

23 - Le due culture

“É importante ottenere un risultato scientifico,
ma lo è altrettanto portarlo a conoscenza delle masse”.
Antonio Gramsci (1891-1937)

Intimamente connesso con i contenuti del post n°21 è il dibattito sulle “due culture”, quella umanistica e quella scientifico-tecnica, che coinvolse numerosi letterati, scienziati e studiosi di storia e di linguistica negli anni ’60 del secolo scorso; in particolare, in Italia Alberto Moravia, Ludovico GeymonatUmberto Eco, per citarne alcuni.
Nel 1959 lo scrittore e scienziato inglese Charles Pierce Snow diede alle stampe un saggio dal titolo The two cultures (tradotto in Italia nel 1964 con il titolo Le due culture), con il quale richiamava l’attenzione sulla divisione, spesso una vera e propria contrapposizione, che si era creata tra cultura umanistica e cultura scientifica; lo Snow cercava sia di risalire ai motivi storici di tale divisione, sia di fornire delle indicazioni per una soluzione del problema.
Molti gli argomenti affrontati nel dibattito che ne seguì:
  • il rapporto tra attività artistiche e scienze, pur nel rispetto delle relative particolarità e autonomie;
  • la necessità e la difficoltà nel portare a conoscenza della gente comune i significati e le possibili conseguenze delle scoperte scientifiche e delle innovazioni tecniche che ne derivano;
  • l’importanza della scuola nell’insegnamento delle materie scientifiche (Matematica, Fisica, Biologia, Chimica), che devono essere illustrate in modo critico, non dogmatico, ponendo in luce la storicità delle scoperte e la provvisorietà dei risultati raggiunti in una determinata epoca;
  • il rapporto di reciproca influenza tra economia e cultura, in particolare tra economia e scienza, la quale risulta spesso orientata dalle esigenze dell’assetto economico-produttivo delle società, pur raggiungendo talvolta, la stessa scienza, livelli autonomi di ricerca;
  • la presunta neutralità della scienza quale espressione ideologica delle strutture economico-produttive.
Comunemente, i professionisti nel Diritto sono considerati (e si considerano) esponenti di un particolare importante settore della cultura umanistica, settore che si occupa della tutela dei diritti fondamentali e degli interessi dell'uomo, al fine di garantirne una pacifica convivenza in società, il libero sviluppo della personalità e l'affermazione in termini di prestigio e di benessere economico.
Se tutto ciò è condiviso e auspicabile, non lo è l'avversione che i suddetti professionisti talvolta mostrano con tutto ciò che ha a che vedere con gli strumenti della ricerca in campo scientifico, considerando il proprio campo di azione con una sorta di monopolio rispetto al resto dei cittadini; trascurando, invece, che proprio per i motivi di cui si è detto, la conoscenza del Diritto deve essere patrimonio comune.
Questi i motivi che mi hanno sollecitato a esporre gli argomenti trattati nel presente blog in modo chiaro, con un linguaggio alla portata di tutti (come lo è la nostra Costituzione), nel tentativo di fornire le informazioni di base e un supporto critico alla gente comune per affrontare consapevolmente i problemi ordinari della vita quotidiana.
Infine, per coloro che a torto ritengono che chi si occupa di scienza sia deficitario di capacità creative (convinzione diffusa anche in chi opera nel mio settore professionale, l'Architettura), ritengo che possa essere illuminante un singolare episodio della vita di Carl Friedrich Gauss, uno dei più grandi matematici di tutti i tempi.
Un giorno, il maestro della scuola elementare frequentata da Gauss, per impegnare i piccoli allievi irrequieti con qualcosa che richiedesse molto tempo, diede loro il seguente problema: effettuare la somma di tutti i numeri naturali da 1 a 100.
Mentre tutti gli altri bambini cominciarono in religioso silenzio a sommare 1+2+3+...+100,  il piccolo Gauss scrisse i numeri in questa forma
1, 2, 3, 4, 5, ...,50,51, ..., 96, 97, 98, 99, 100
e osservò che la serie numerica godeva di una particolare simmetria, tra il numero 50 e il numero 51; in altri termini, sommando il numero 1 con 100, il numero 2 con 99, il numero 3 con 98 e così via, si potevano costruire 50 coppie di numeri la cui somma era pari a 101: (1+100 = 2+99 = 3+98 + ... + 50+51 = 101).
Pertanto, Gauss si accorse che sommare i numeri interi da 1 a 100 equivaleva a moltiplicare il numero delle coppie (50) per il risultato costante della somma dei numeri della coppia (101):
Sommatoria di n da 1 a 100 = 50 x 101
Operazione quest'ultima molto rapida da svolgere, se posta sotto la forma:
50 x 101 = 50 x (100 + 1)  = 50x100 + 50x1 = 5.000 + 50 = 5.050
Così il piccolo Gauss, dopo qualche minuto, portò il proprio quaderno con la soluzione esatta allo stupito maestro, mentre tutti gli altri suoi compagni di classe continuarono per qualche ora a sudare sulle somme progressive dei numeri naturali da 1 a 100.
Risulta evidente la capacità creativa di risoluzione di un problema lungo, noioso e facilmente passibile di errore che spesso è alla base della ricerca scientifica.
Per questo considero con molto interesse il settore della giustizia predittiva, perché affronta da una diversa angolazione e con metodo scientifico i problemi della giustizia, pur con gli innegabili limiti esposti nel post n°21.

venerdì 14 agosto 2020

22 - Il "romanzo criminale" a.C. e d.C.

Queste note prendono spunto dalla visione su Rai Play dell'ultimo episodio del Giovane Montalbano, dal titolo "Un'albicocca", che consiglio vivamente di vedere, e da un intervista della Rai a Maurizio De Giovanni, ottimo scrittore napoletano, andata in onda poco dopo la morte di Andrea Camilleri.
Riferendosi all'importanza dell'opera del Maestro da poco scomparso, De Giovanni disse che Camilleri aveva nobilitato un genere letterario, quello poliziesco, a torto ritenuto minore, profondendo nelle sue opere l'amore per la sua terra, magistralmente descritta, e un impegno civile mai sopito, neppure negli ultimi anni della sua vita; per cui, a ragione, bisognerebbe parlare del romanzo "giallo" prima di Camilleri (a.C.) e dopo Camilleri (d.C.), senza correre il rischio di risultare blasfemi.

Al solito, tutto comincia con un fatto di sangue, con una ragazza morta in un apparente incidente stradale, scoperto dallo stesso commissario mentre fa ritorno a Vigata dopo essere andato a prendere la sua bella fidanzata genovese all'aeroporto.
Le cause dell'incidente non convincono Montalbano a causa di alcune incongruenze e stranezze riscontrate, per cui egli comincia a indagare e le indagini che conduce lo portano a scoprire reati di altra grave natura dei quali l'incidente costituisce solo un episodio (non rivelo altro della trama per non togliere suspence alla storia, qualora il lettore volesse vedere l'episodio disponibile nella videoteca di Rai Play).
Diversi sono a mio parere gli elementi che rendono così originali e affascinanti i romanzi di Camilleri e che ne spiegano il successo letterario e televisivo:
  • il fatto di sangue e le conseguenti indagini sono solo l'espediente che tiene avvinto il lettore alla storia, ma in realtà il racconto vive di vita propria, con l'accurata descrizione di personaggi di una commedia umana che accompagna e spesso risulta anche più interessante dello stesso intreccio poliziesco;
  • l'omicidio, per la sua gravità, costituisce una sorta di grimaldello che fa saltare la patina di perbenismo e la maschera che gli uomini abitualmente indossano nella vita sociale (secondo la lezione di Luigi Pirandelloaltro grande scrittore agrigentino), mettendo a nudo la loro vera natura, fatta di luci e di ombre, di slanci di generosità e altruismo (raramente), ma anche di bassezze, meschinità e gelosie dettate da cieco egoismo (molto più spesso);
  • i personaggi di Camilleri "parlano con la loro voce", nel senso che usano un linguaggio legato al loro status sociale (il pastore parla una lingua povera infarcita di espressioni dialettali, così come l'impiegato pubblico parla il burocratese) e ciò rende realistico (direi "veristico", sull'esempio dell'opera di un altro siciliano, Giovanni Verga) il racconto;
  • il paesaggio è descritto con dovizia di particolari, nei quali traspare l'amore di Camilleri per la sua terra, in qualche modo "bella e maledetta", che ha conosciuto i fasti di una remota età dell'oro con Federico II, ma poi in costante declino, fino alla drammatica situazione degli ultimi due secoli (mi viene da dire illo tempore aurea, nunc horrida specus, parafrasando il commento di un visitatore medievale alla vista delle rovine della domus aurea neroniana);
  • infine, Camilleri lega sempre il suo racconto di fantasia ad un contesto reale e ciò lo rende unico.
Nell'episodio in argomento, dopo aver risolto il caso della ragazza morta nell'incidente stradale, Montalbano sta per lasciare Vigata per seguire la sua fidanzata a Genova, dove ha chiesto e ottenuto di essere trasferito. 
Prima di lasciare con grande dolore la sua città, compie un ultimo giro in macchina, quasi a imprimersi nella mente quei posti della sua infanzia di bambino e di poliziotto da adulto, ma trova con grande sorpresa le strade vuote, chiusi i negozi, sguarnito persino l'ingresso del commissariato: tutti sono chiusi in casa o in ufficio a vedere alla televisione i servizi giornalistici sulla strage di Capaci appena compiuta.
Allora il commissario ritorna nel suo ufficio e telefona alla fidanzata, chiedendole se ha saputo che cosa è appena successo; la stessa compagna gli dice che deve rimanere lì, a combattere per la sua terra.
Già nel corso dell'episodio, sapientemente lo scrittore (che è stato anche sceneggiatore della serie televisiva) e il regista avevano preparato il lettore-spettare, facendo intravedere alcune immagini trasmesse in TV di un'intervista a Giovanni Falcone e dell'invettiva di Totò Cuffaro, allora presidente della Regione Sicilia, contro i magistrati che infangavano la sua terra, parlando solo di attività criminali e di inesistenti collusioni politico-mafiose. 
Anche in questo sta la grandezza di Camilleri scrittore, capace di legare il racconto in modo elegante e poco invasivo alla realtà della sua terra, alle tragedie che ripetutamente l'hanno colpita, da Portella della Ginestra in poi, per limitarci alla sola storia dell'Italia repubblicana.
Si comprende che siamo lontani anni luce dai "rebus con delitto" di Agatha Christie  e di Ellery Queen, ma anche dai più recenti Michael Connelly e Robert Crais, pure scrittori di talento di crime stories.
Per cercare qualcosa di simile a livello mondiale, bisogna risalire a Ed McBain (al secolo Salvatore Lombino, americano di origini italiane, con nonni siciliani e lucani); in Italia, forse quello che più si avvicina a Camilleri è proprio Maurizio De Giovanni, con le sue splendide descrizioni della vecchia Napoli del periodo fascista (con i casi del Commissario Ricciardi) e dell'attuale città partenopea, faro ormai spento nelle storie de I bastardi di Pizzofalcone.

giovedì 13 agosto 2020

21 - La giustizia predittiva

Una mattina di un paio di anni fa, lessi su una locandina, affissa nella bacheca riservata all'Ordine degli Avvocati nel Tribunale da me frequentato ob torto collo, di un convegno su Diritto e Matematica. Incuriosito dal tema, chiesi e otteni la possibilità di assistervi e appresi, in quell'occasione, della tendenza di frontiera, anche nel nostro Paese, della Giustizia predittiva.
Ricordo che l'avvocato che presentò il relatore del convegno, il prof. Luigi Viola, autore di un libro e di numerosi articoli sull'argomento, cercava il modo meno traumatico per presentare ai suoi colleghi un argomento ostico, basato sulle regole della logica formale e su equazioni matematiche, passibili di essere trattate, considerato l'elevatissimo numero di dati da considerare, mediante software appositamente implementato anche per personal computer.
Ad un certo punto, il suddetto avvocato chiese all'uditorio se qualcuno conosceva il significato del termine ALGORITMO; visto il silenzio assoluto dei professionisti del settore presenti all'evento, con un certo timore risposi io, non avvocato: "Procedura finita di calcolo".
Riporto questo episodio per far capire che la strada da compiere affinché i modelli di Giustizia predittiva possano diventare un utile strumento per i professionisti del Diritto è davvero molto lunga, data la generale avversione dei suddetti professionisti a strumenti analitici di calcolo.
D'altro canto, sebbene interessante, a mio parere la Giustizia predittiva non costituisce una panacea destinata a risolvere i gravi problemi del nostro sistema giuridico e giurisdizionale, ma può essere un utile strumento accanto ad altri, per chi sia costretto, come me, a ricorrere al Tribunale per risolvere questioni di vitale importanza.
Vediamo di che si tratta.

Per Giustizia predittiva si intende l'applicazione di modelli di analisi previsionale a casi particolari e concreti di Diritto, sia che si tratti di contenziosi civili, sia di procedimenti in ambito amministrativo o penale.
Tre i principi che consentono l'elaborazione di tali modelli:
  • la oggettività del sistema giuridico;
  • la certezza del diritto;
  • l'uniforme applicazione dello stesso in sede giurisdizionale.
A tal proposito, basta richiamare, in ordine gerarchico, l'art.101 della Costituzione, l'art.12 delle Disposizioni preliminari al Codice Civile (cosiddette Preleggi), l'art.65 dell'Ordinamento giudiziario.
Ne consegue che, come scrive il prof. Viola, "il diritto può essere costruito come una scienza, che trova la sua principale ragione giustificativa nella misura in cui è garanzia di certezza: il diritto nasce per attribuire certezza alle relazioni umane, tramite una complessa attribuzione di diritti e doveri".

I modelli matematici che consentono di stimare (si tratta di una valutazione, assolutamente non di un calcolo preciso) l'esito di un procedimento approdato in Tribunale sono sostanzialmente di due tipi:
  1. di tipo induttivo, i quali offrono la possibilità di previsione su base statistico-giurisprudenziale;
  2. di impostazione deduttiva, che consentono una previsione su base algoritmico-normativa tramite combinazione di dati.
Nel primo caso, sostanzialmente ci si basa sulle sentenze di precedenti casi analoghi: se 15 sentenze su 100 precedenti dicono che nel caso X si applica la decisione Y, allora sui può prevedere il 15% di possibilità che in futuro il giudice a parità (o similitudine) di caso X si orienterà verso la decisione Y.
Questo modo di procedere presenta numerosi inconvenienti:
  • l’impostazione basata su meri calcoli statistici dei precedenti giurisprudenziali è adatta ad un sistema di common law, nel quale le sentenze costituiscono fonte di diritto, ma non è in linea con il nostro sistema di civil law, nel quale qualsiasi giudice, di qualsiasi grado, essendo soggetto soltanto alla legge, può legittimamente discostarsi da sentenze precedenti di casi simili;
  • la similitudine di casi, nell'ambito del Diritto si basa sull'analogia, su un ragionamento cioè che non rientra tra quelli della logica formale (in proposito, si veda il post precedente), a meno di non definirne in modo molto preciso i termini, come accade ad esempio nella geometria euclidea per i casi di similitudine tra figure;
  • infine, l'applicazione "invertita" del sillogismo aristotelico conduce facilmente ad una fallacia, dunque ad un risultato tutt'altro che valido e certo.
Il metodo deduttivo è infatti privo di vizi logici e porta ad una conclusione che è la diretta conseguenza delle premesse:
a.  La legge è uguale per tutti i cittadini di cui all’art.3 Costituzione (premessa maggiore)
b.  Tizio e Caio sono cittadini (premessa minore)
c.  Tizio e Caio sono uguali di fronte alla legge (conclusione).

Al contrario, l'applicazione del metodo induttivo conduce a una conclusione non necessariamente vera, in generale ad una fallacia:
a1. Tizio e Caio sono uguali di fronte alla legge (conclusione);
b1. Tizio e Caio sono cittadini (premessa minore)
c1.  La legge è uguale per tutti i cittadini (premessa maggiore).

Quindi, se per conclusione (a1) intendiamo le sentenze precedenti relative a casi analoghi, non è detto che il risultato (c1) per il caso concreto che si tratta, sia necessariamente  quello che deriva da (a1). 

Pertanto, nel nostro sistema è da preferire un modello deduttivo, che parte dalle disposizioni dell'art.12 delle Preleggi, considerate come descrittive di un algoritmo da formalizzare, ossia da tradurre in una sequenza iterativa ma finita di operazioni-interpretazioni di legge, aventi gerarchia diversa, per giungere ad un risultato:
  • interpretazione letterale del disposto legislativo;
  • interpretazione teleologica o per ratio, ossia basata sulla finalità e sui criteri assunti dal legislatore;
  • si procede quindi per analogia e per principi generali del nostro ordinamento giuridico;
  • si considerano eventuali condizioni come l’assenza di precise disposizioni e si ricorre all’interpretazione per analogia legis, nonché, in caso dubbio, per analogia iuris.
Il suddetto procedimento è iterativo in quanto prevede un ciclo, causato da condizioni, per cui se si attiva l’analogia legis, allora la disposizione analogica dovrà essere decodificata ricominciando dall’interpretazione letterale.
Per questa via, si può giungere alla costruzione di un modello matematico utile all’interpretazione della legge che si applica al caso particolare che si tratta e al suo esito; ovvero si perviene ad un sistema di equazioni, pur sottolineando il fatto che il risultato fornito dalla soluzione del sistema offrirà semplicemente una valutazione o stima dell'esito di un possibile contenzioso.
Il risvolto pratico è importante: effettuate le opportune valutazioni preliminari, le parti possono trovare utile ed economico accordarsi, piuttosto che avviare procedimenti lunghi, costosi e dall'incerto esito risolutivo della controversia, riducendo in tal modo il gravoso carico del nostro sistema giudiziario.
C'è da dire che necessaria premessa a questo possibile modo di procedere è costituita dalla buona fede e dall'onestà delle parti, principiando dagli avvocati; molto spesso, però, ho dovuto assistere e controbattere a sgambetti e manovre dilatorie meritevoli di ammonizioni e finanche di espulsioni, ovvero a cause intentate sul nulla, senza il reale timore di incorrere nelle sanzioni previste dalla legge nei casi di lite temeraria