domenica 18 febbraio 2024

42-L’Arma CC e le profondità oscure dell’abisso delle deviazioni

Correva l’anno 2007 quando, per vicende personali legate al mio lavoro di architetto (delle quali vi racconterò in dettaglio in un prossimo post), cominciai purtroppo ad avere a che fare con l’Arma CC.

Sino ad allora l’idea che ne avevo era quella di un apparato dello Stato bistrattato ingiustamente dal folclore popolare con barzellette spesso irriverenti, ma tutto sommato composto da persone che rischiavano la vita per assicurare l’ordine e il rispetto delle leggi.

Purtroppo, quando cominciai a leggere informative e verbali di indagine a seguito di mie denunce, mi resi conto sempre di più che la realtà era assai peggiore, addirittura inimmaginabile.

Ciò mi spinse a documentarmi per capire se si trattava di mia sfortuna personale oppure era la natura propria di questo apparato statale ad essere “deviata”.

Il servizio delle Iene nello speciale Inside andato in onda Giovedì scorso 15 Febbraio 2024 ha preso in esame il caso dell’omicidio irrisolto di Serena Mollicone, ma tanti altri sono gli episodi oscuri che hanno visto coinvolta l’Arma CC, come di seguito elenco, per cui lascio a voi approfondire e valutare.

Creato come corpo militare reale con compiti di polizia dal re Vittorio Emanuele I nel 1814 (https://it.wikipedia.org/wiki/Arma_dei_Carabinieri), curiosamente tale è rimasto anche a seguito della proclamazione della Repubblica e dell’entrata in vigore della Costituzione.

La prima domanda che mi feci fu proprio questa: come mai un corpo militare che era stato creato e aveva giurato fedeltà al re, una volta inviato in esilio quest’ultimo da un referendum popolare (http://tinyurl.com/bdhjpar5), fosse stato mantenuto anche in uno stato repubblicano; una risposta esaustiva la ottenni solo diversi anni dopo, leggendo il libro dell’ex magistrato Ferdinando Imposimato dal titolo La Repubblica delle stragi impunite (http://tinyurl.com/2zjxk7na), al quale rimando.

Il primo maggio 1947 vi fu il primo episodio che vide implicata l’Arma CC in età repubblicana, la strage di Portella della Ginestra (https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Portella_della_Ginestra).

A seguire, per citare solo gli esempi più eclatanti:

1) la strage di Piazza Fontana a Milano del 1969 (https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_piazza_Fontana);

2) la strage di Piazza della Loggia a Brescia del 1974 (https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_piazza_della_Loggia);

3) la strage di Bologna del 1980 (https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Bologna);

4) l’organizzazione Gladio (https://it.wikipedia.org/wiki/Organizzazione_Gladio);

5) le stragi mafiose degli anni ’90 (https://it.wikipedia.org/wiki/Bombe_del_1992-1993) e la trattativa Stato-mafia;

6) il caso di Giuseppe Gulotta (https://www.fondazionegiuseppegulotta.it/it/giuseppe-gulotta.html);

7) il caso di Stefano Cucchi (https://it.wikipedia.org/wiki/Omicidio_di_Stefano_Cucchi);

8) il caso di Serena Mollicone, già citato all’inizio (https://it.wikipedia.org/wiki/Delitto_di_Arce).

Vi sono appartenenti all’Arma onesti e ligi al proprio dovere, ma spesso fanno una brutta fine proprio per mano di loro colleghi, come nell’ultimo caso citato.

Invece, l’Arma nei suoi vertici è tutt’altro e posso affermarlo per esperienza personale, precisando che non è mia volontà gettarle fango addosso, anche perché non ce n’è bisogno, essendovi la stessa già immersa, come potrete constatare leggendo dei casi sopra elencati.

E non si tratta di fango.

 

domenica 9 aprile 2023

41 - I sette ori della Basilicata e le prossime elezioni regionali del 2024

Qualche tempo fa guardavo il Tg Europa su Rai 3 e un servizio sulle fragole del metapontino, prodotto di eccellenza definito "l'oro rosso", mi ha richiamato alla mente un'immagine su un vecchio libro di storia delle scuole medie; l'immagine riguardava una scritta su un muro di una città del Perù la quale recitava:

Porque estamos pobres si en el Perù hai tanta riqueza?


L'associazione di idee mi ha condotto a considerare gli ori ovvero le risorse della Basilicata a fronte della povertà diffusa.

1. Oro rosso, non solo le fragole e l'agricoltura di qualità, ma anche il vino Aglianico, altro prodotto di eccellenza conosciuto nel mondo.

2. Oro blu, l'acqua, intesa sia come abbondante risorsa idrica per le persone e l'agricoltura, sia anche come splendido mare nell'affaccio di Maratea sul Tirreno.

3. Oro verde, i boschi, diffusi su gran parte del territorio, che consentirebbero a molti dei 131 centri urbani di dotarsi di gruppi di cogenerazione, utilizzando soltanto la biomassa di accrescimento, tenendo pulito il sottobosco ed evitando gli incendi estivi.

4. Oro nero, il petrolio con royalties annue consistenti e il problema della futura bonifica dei pozzi e magari il loro riutilizzo come fonte geotermica.

5. Oro arancio, il Sole, utilizzabile proficuamente con Comunità Energetiche diffuse

6. Oro arcobaleno, il turismo, per assonanza con la multi-razzialità che potrebbe fare visita alla nostra regione: turismo di qualità, culturale e destagionalizzato (Matera, biblioteche come quella di Lagonegro che possiede un'edizione integrale del Corpus iuris civilis di Giutiniano, unica in Italia) dolomiti lucane, ciclovia della Magna Graecia, parco fluviale diffuso dallo Ionio al Tirreno, seguendo il moto diurno apparente del Sole

7. Oro trasparente, il vento sui crinali dell'Appennino Lucano (basta consultare l'Atlante eolico nazionale)

Tutte queste risorse sembrano non bastare per una popolazione di appena 536.000 abitanti, pari a quella di una città di media grandezza, con un reddito annuo pro capite di appena 21.000€, intorno al quindicesimo posto della graduatoria nazionale.

Aggiungiamo la carenza dei servizi essenziali nei settori della sanità, dell'istruzione e delle infrastrutture, per cui è logico chiedersi, parafrasando la domanda iniziale:

Perché siamo così poveri se in Basilicata c'è tanta ricchezza?

La risposta non è scontata e va cercata ponendosi almeno altri due quesiti:

1) la classe politico-amministrativa è stata all'altezza o ha seguito logiche di potere che si è autoalimentato attraverso il clientelismo e ha depredato sistematicamente la Regione?

2) l'autonomia differenziata partorita del grande politico Calderoli porrà rimedio alle situazioni di disagio o creerà ulteriori danni?

Come usa dire l'ineffabile Crozza-Zaia, doge eccellentissimo della serenissima Repubblica Veneta, 

"Ragioniamoci sopra".

mercoledì 29 marzo 2023

40 - IL MODELLO MATEMATICO DELLA SISTEMATICA ELUSIONE DEI POLITICI

Stamattina ho messo finalmente mano ad una richiesta formale al Presidente della Provincia di Potenza, dopo aver atteso invano per anni che i lavori in argomento di cui leggerete di seguito venissero realizzati.


Con l'occasione ho riflettuto sul modus operandi dei politici per eludere i problemi, alzare polveroni con il solito bla-bla-bla, concludere con "volemosebbene" (tanto l'indennizzo arriva puntualmente e i benefit sono intoccabili) e lasciare i problemi irrisolti.

Il metodo è generalmente il seguente:

"l'equazione" formulata solitamente con un'incognita di primo grado e con i pochi termini strettamente necessari per la soluzione del problema (vale a dire, problema:viabilità inadeguata, soluzione: finanziamento pubblico e progetto, per rimanere nell'esempio di cui sopra), viene arricchita con parentesi tonde, quadre e graffe, nelle quali si infilano più variabili, di solito indipendenti, capziose e polemiche, tali da rendere il problema irrisolvibile.

Anche chi ha una preparazione matematica di base comprende bene che un'equazione di primo grado con più di una variabile indipendente non ammette soluzioni.



giovedì 10 novembre 2022

39 - De humana simplicitate

Si racconta che in un giorno di estate di tanti tanti anni fa, un principe persiano, passeggiando nei giardini del suo palazzo durante la pausa pomeridiana per godere della frescura naturale della vegetazione che vi cresceva rigogliosa, scorse in un angolo un po' remoto due suoi funzionari che, appartati, sedevano su piccoli sgabelli sotto una maestosa palma; i due stavano in silenzio e sembravano meditare fissando un basso tavolino posto tra di loro, sul quale era poggiato qualcosa che il principe, data la lontananza, non riusciva a scorgere.

Incuriosito, si avvicinò ai due e vide che l’oggetto della meditazione era una tavoletta suddivisa in riquadri colorati alternativamente di bianco e di nero; su queste caselle poggiava una sorta di piccole sculture in legno intagliato, dalle forme che vagamente ricordavano una torre, un re, un cavallo e altre figure di più difficile identificazione.

Il principe chiese ai due funzionari che cosa stessero facendo; apprese così che essi stavano cimentandosi in un gioco che egli non conosceva, quello degli scacchi, una sorta di battaglia simulata che si svolgeva muovendo i pezzi (così si chiamavano le piccole sculture) in modi prestabiliti e particolari per ciascuno di essi.

Risultava vincitore colui che, infine, riusciva a immobilizzare il re, la figura più grande riconoscibile dalla testa coronata.

Sempre più avvinto da quel gioco di cui riuscì sommariamente a comprendere la logica, anche grazie alle spiegazioni che i suoi funzionari gli davano quando muovevano un pezzo, rientrò dopo quasi un’ora di piacevole svago nella sala principale, dove quotidianamente riceveva i suoi sudditi per le suppliche e per decidere su eventuali dispute e litigi sorti tra di loro; chiamò quindi il suo visir per chiedergli di informarsi chi nel suo regno aveva fama di migliore giocatore di scacchi e di convocarlo a corte.

Dopo qualche giorno, assolto il compito assegnatogli, il visir si presentò al principe con un vecchio magrissimo e dalla lunga barba bianca, vestito con una tunica che aveva visto tempi migliori e che probabilmente doveva essere una sorta di abito quattro stagioni.

Il vecchio si aiutava con un bastone, segno evidente dell’età avanzata e delle forze ormai esigue che lo mantenevano in vita; tuttavia, il principe notò che lo sguardo era ancora vivace e sembrava cogliere ogni particolare, un po’ come fanno i bambini quando vedono qualcosa per la prima volta.

Il visir presentò al principe il vecchio come un saggio che conduceva una vita da eremita, accogliendo spesso le richieste di consiglio di povera gente che in cambio gli lasciava una ciotola di riso, del latte e qualche dattero, per un sostentamento ai limiti della sopravvivenza.

Unico svago che il vecchio si concedeva erano proprio gli scacchi, per cui fu ben lieto di accettare la richiesta di insegnamento da parte del principe.

Nei mesi a venire, il vecchio si recò quasi quotidianamente a palazzo, fino a che non ritenne che il suo regale allievo fosse diventato abbastanza abile da poter competere con altri giocatori.

Felice del risultato raggiunto, il principe disse al saggio che intendeva ricompensarlo adeguatamente: gli chiedesse pure ciò che voleva e sarebbe stato esaudito.

Dapprima ritroso, solo a seguito delle ripetute insistenze del principe il vecchio saggio acconsentì:

- Principe, mi basta poco e non nutro alcun desiderio di oggetti preziosi; però mi farebbe comodo avere una buona scorta di riso per gli anni che mi restano da vivere.

- Chiedi pure quanti sacchi te ne occorrono - rispose il principe sorridendo - credo proprio che le mie dispense siano sufficientemente fornite per soddisfare le tue esigenze.

- Ritengo che possa bastarmi una quantità di riso così calcolata: un chicco per la prima casella della scacchiera, due chicchi per la seconda casella, quattro per la terza, otto per la quarta e così via, raddoppiando ogni volta il numero di chicchi per ogni casella rispetto alla precedente.

- Sei sicuro? Mi sembra una quantità davvero misera - osservò il principe, cominciando a dubitare delle facoltà mentali del vecchio.

- Sono sicuro, tanto mi basta.

Il principe chiamò allora il suo visir e gli ordinò di predisporre la fornitura di riso per il vecchio, calcolandola nel modo alquanto bizzarro che il saggio aveva indicato.

Sul finire della giornata, assai preoccupato il visir si presentò al principe per informarlo che, dopo ripetuti calcoli dei matematici di corte, le dispense del principe non erano tanto fornite da soddisfare la richiesta del vecchio.

Dapprima infuriato, sia perché non riusciva a sdebitarsi, sia perché pensava di essere ben più ricco, cominciò a riflettere; quindi sorrise quando alla fine capì che quella era stata l’ultima lezione del suo maestro, la più importante.

 *         *          *

Usando la simbologia matematica moderna, possiamo esprimere il numero di chicchi di riso (N) presenti su ciascuna casella (c) mediante la funzione esponenziale:

N = 2^c    (si legge N uguale a 2 elevato a c)

nella quale c è un numero intero positivo progressivo, cominciando ad attribuire 0 alla prima casella, 1 alla seconda, 2 alla terza e così via, sino a 63 per l’ultima casella (la scacchiera è composta da 8 x 8 = 64 caselle); la stessa espressione si può riguardare come progressione geometrica di ragione 2.

Infatti:

N = 2^0  = 1 per la prima casella

N = 2^1 = 2 per la seconda casella

N = 2^2 = 4 per la terza casella

N = 2^3 = 8 per la quarta casella

e così via.

L’espressione finale

N = 2^63

dà effettivamente come risultato un numero enorme di chicchi di riso per il quale le dispense del principe non erano sufficientemente fornite.

È proprio vero che la semplicità non è ingenuità, ma profondità nascosta alla superficie.

Giuseppe Ruggiero, 10 Novembre 2022

martedì 23 agosto 2022

38 - UNA PICCOLA FAVOLA MATEMATICA

 Alla mia bellissima e simpaticissima nipotina Giulietta

Tanto tanto tempo fa, sul finire del 1700, in una scuola elementare tedesca del terzo anno, il maestro diede un compito punitivo ai suoi alunni irrequieti, anche per tenerli impegnati per qualche ora e rifiatare egli stesso.

Chiese ai bambini di effettuare la somma di tutti i numeri interi da 1 a 100, prestando molta attenzione al calcolo che richiedeva una grande pazienza, ma anche una certa rapidità mentale: fino a quando uno di loro non gli avesse portato la soluzione esatta, non voleva sentire volare una mosca!

Assegnato il compito, guardò compiaciuto i bimbi che cominciarono a fare calcoli sui loro quadernetti, intingendo periodicamente la penna nell’inchiostro del calamaio, convinto che si sarebbe potuto rilassare per qualche ora nel più assoluto silenzio.

Purtroppo per lui, ma fortunatamente per l’umanità, dopo qualche minuto uno dei bimbi alzò la mano e con molta educazione chiese al maestro se poteva portargli il quaderno perché aveva completato il compito.

Assai perplesso, il maestro invitò l’alunno alla cattedra, già prevedendo quali orrori avrebbe dovuto correggere.

Inforcati gli occhiali, cominciò a esaminare i calcoli effettuati dal bimbo, rivolgendogli ogni tanto qualche occhiata furtiva e sbalordita perché il risultato era esatto: la somma dei primi numeri interi da 1 a 100 era pari a 5.050.

Come aveva fatto il bimbo a trovare la soluzione esatta in così poco tempo?

Aveva scritto la somma dei numeri (oggi diremmo della successione aritmetica di interi di ragione 1 e di estremi 1 e 100) in questo modo:

1 + 2 + 3 + ...+ 48 + 49 + 50 + 51 +52 +53 + ...+ 98 + 99+ 100

Aveva notato l’esistenza di una simmetria tra la prima e la seconda cinquantina, tracciandone l’asse:

Aveva quindi osservato che la somma delle coppie di numeri simmetrici rispetto a tale asse dava sempre lo stesso valore, ossia 101:

1 + 100 = 101

2 + 99 = 101

3 + 98 = 101

...

48 + 53 = 101

49 + 52 = 101

50 + 51 = 101

Pertanto, la somma dei numeri interi da 1 a 100 era uguale alla somma delle cinquanta coppie di numeri simmetrici di valore 101:

1 + 2 + 3 + ...+ 48 + 49 + 50 + 51 +52 +53 + ...+ 98 + 99+ 100 = 50 x 101

che può essere riscritta in modo più semplice

50 x 101 = 50 x (100 + 1)

e applicando la proprietà distributiva del prodotto rispetto alla somma

50 x (100 + 1) = (50 x 100) + (50 x 1)

Ora è facile calcolare che

50 x 100 = 5.000 (basta moltiplicare 5 x 1 e poi sommare gli zeri 000 da scrivere dopo il 5)

50 x 1 = 50

Quindi, si può scrivere:

1 + 2 + 3 + ...+ 48 + 49 + 50 + 51 +52 +53 + ...+ 98 + 99+ 100 = 5.000 + 50 = 5.050

Sopra ho scritto “Purtroppo per lui, ma fortunatamente per l’umanità [...]”:

  • purtroppo per lui perché dopo pochi minuti uno degli alunni aveva trovato la soluzione, liberando dall’ingrato compito i bimbi che avrebbero ripreso a fare chiasso;
  • fortunatamente per l’umanità perché il bimbo che aveva risolto il problema così brillantemente in poco tempo si chiamava Carl Friedrich Gauss e sarebbe diventato uno dei più grandi matematici di tutti i tempi, verso il quale la nostra civiltà ha un debito enorme.

Molti si chiederanno perché ho voluto raccontare in forma di favola un aneddoto che riguarda l’infanzia del grande matematico e che cosa essa c’entri con un blog che si occupa solitamente, sia pure in modo non professionale, di Diritto, sconfinando talvolta in altri settori quali la Politica, l’Economia, l’Urbanistica.

C’entra perché, guardando in TV i candidati alle prossime elezioni parlamentari e ascoltando le loro elucubrazioni sui massimi sistemi della politica, mi piacerebbe sottoporli a un test molto più semplice come quello di sommare i numeri interi da 1 a 10 e vedere quanti di loro sono capaci di superarlo.

mercoledì 22 giugno 2022

37 - LEARNING FROM AFRICA

 IMPARARE DALL'AFRICA

Oggi voglio raccontarvi due belle storie tra loro collegate perché entrambe hanno origine nel continente africano, laddove tutto ebbe inizio più di un milione di anni fa con la comparsa dell'Homo erectus.

Della prima sono venuto a conoscenza guardando il programma "Quante storie", in onda su Rai 3 a ora di pranzo; nella seconda sono incappato casualmente cercando notizie sulla prima (serendipity  si chiama questo tipo di "scoperte casuali").

1. Bang-Raa, la foresta della saggezza di Yacouba Sawadogo

Circa una quarantina di anni fa, questo contadino del Sahel (letteralmente, in arabo, "bordo del deserto", per indicare la regione africana sub-sahariana) cominciò a ripopolare di alberi una zona pressoché desertica, ricorrendo a metodi tradizionali, tanto semplici quanto efficaci: fosse Zai, cordon pierreux e "lavoro volontario" delle termiti (proprio quei terribili insetti voraci che in Nord America sono capaci di "mangiarsi" le abitazioni in legno).

Rimandando al link di Wikipedia sopra inserito per saperne di più, qui mi piace solo riportare l'osservazione di questo modesto, intelligente e volenteroso uomo d'Africa:

L’importanza delle piante e degli alberi è fondamentale: danno ombra all’uomo, fanno da frangivento, in zone nelle quali il vento è molto forte, trattengono la terra, lottando quindi contro l’erosione e fertilizzano il suolo. Inoltre alcune loro parti, come foglie, corteccia, radici, semi sono utilizzate per curare gli uomini. Per tutti questi motivi ho piantato gli alberi.



2. From trash to cash, dalla spazzatura al contante - Nzambi Matee

Questa giovane ingegnera keniota (ho approfondito: si possono declinare al femminile i termini che indicano le professioni, come avvocata-essa, sindaca etc, cosa che suona male solo nel caso della mia professione di architetto) ha avuta un'idea semplice ed efficace: trasformare la plastica "sporca" (contenitori di detersivi, olii etc.) in inerte per produrre, mescolando la plastica sminuzzata a sabbia, elementi costruttivi per l'edilizia mediante una semplice operazione di stampaggio.


I risultati sono davvero notevoli, come si può osservare nell'immagine seguente che mostra una pavimentazione realizzata con questi elementi.


Mi sono chiesto perché proprio in Africa questi due importanti esempi concreti che davvero tracciano una strada percorribile per salvare il pianeta Terra; credo di aver trovato una risposta: 
laddove la fame e la sete imperano, il genio dell'uomo agisce in modo semplice ed efficace, senza retorica, mentre le "filosofie" e le teorizzazioni sui massimi sistemi verranno dopo, se verranno.

Non so voi, ma io manderei volentieri i due Matteo nazionali, che quotidianamente si sacrificano per noi, a predicare il loro vangelo in Africa, per avere in cambio Yacouba Sawadogo e Nzambi Matee.

  


 

mercoledì 29 settembre 2021

36 - TRANSIZIONE ECOLOGICA E RI-DISEGNO URBANO

Ho avvertito l’esigenza di completare con le brevi note che seguono il discorso cominciato con il post precedente sulla RIPRESA ECONOMICA, SUPERBONUS E DECRESCITA FELICE, al quale rimando preliminarmente.

Gli effetti positivi della manovra del SuperBonus interessano gli edifici residenziali o convertiti come tali a seguito di un cambio di destinazione d’uso, ma risulteranno limitati in termini economici e, soprattutto, di qualità della vita se parallelamente non si ridisegnano i nostri centri urbani, integrati con il circostante spazio naturale (la campagna).

Da un lato è dato osservare come la pandemia ancora in corso abbia amplificato gli effetti deleteri e gli scompensi del vivere in città, per cui molti nostri borghi sono sembrati una sorta di rifugio, proprio come nei secoli passati in occasione delle periodiche pestilenze; dall’altro, le possibilità offerte dalle tecnologie di telecomunicazione allo smart-working consentono la de-localizzazione e il lavoro da casa per molte attività.

In quest’ottica si può e si deve ripensare ai luoghi dell’abitare, dalla casa alla città.

Al fine di evitare di essere eccessivamente noioso e pedante, visto che mi occupo per professione di tale materia, procederò per parole-chiave (aria, sole, verde, sostenibilità, spazi pubblici, identità locale, spazi vuoti, perequazione), con pochi cenni ad argomenti che meriterebbero ben maggiore spazio di approfondimento.

L’Urbanistica, intesa come disciplina che si occupa dell’ordinato sviluppo dei centri urbani (i quali, come ha osservato Benevolo, esistono per una necessità storica, che ha avuto un inizio e può avere una fine) nacque a partire dalle indagini socio-sanitarie della metà dell’800 sulle precarie-miserevoli condizioni cui erano costretti i lavoratori della nascente industria, trasferitisi in massa dalle campagne in città.

La funzione e la connotazione formale della città storica ne risultarono sconvolte, a causa di un carico di utenza enormemente amplificato, relegato in periferie che crescevano in modo disordinato e pericoloso per l’assenza di condizioni igieniche, tali da minacciare, a un certo punto e proprio attraverso le epidemie, persino le classi più agiate che vivevano nei quartieri di lusso.

Fu giocoforza occuparsi del problema (almeno delle condizioni di vivibilità in termini di aria e sole, divenuti poi rapporti aero-illuminanti minimi nella normativa edilizia), ma quasi mai le soluzioni adottate si rivelarono completamente all’altezza, come mostrano le congestioni, i disagi, le inefficienze e le brutture ben visibili oggi.

Il verde rappresenta il tessuto connettivo tra città e campagna e tra i diversi ambiti cittadini a diversa scala (casa, vicinato, rione, quartiere), come mostra l’immagine tratta dal sito transect.org al quale si rimanda.

Esso acquista oggi una valenza ancora maggiore rispetto al passato: sia in campagna, data la fragilità del territorio italiano soggetto a frequenti dissesti idro-geologici amplificati dal cambiamento climatico in atto, sia in città, in quanto elemento che mitiga effetti negativi quali l’inquinamento atmosferico e le isole di calore. Intervenire in questo settore con le attuali tecniche di ingegneria naturalistica e di urban forestry assicurerebbe migliori condizioni di vita e una forte occupazione, trattandosi di lavori ad alta intensità di manodopera e a bassa intensità di capitale.

La sostenibilità del ri-disegno urbano comporta un’attenzione particolare alle esigenze del traffico cittadino (non certo risolvibile con gli sciagurati incentivi per l’acquisto di monopattini) e dell’auto-produzione-consumo energetico, valutando a scala urbana e non solo familiare o condominiale il rapporto consumi-produzione: le tecnologie in questi settori sono abbastanza mature da consentire soluzioni soddisfacenti, se adottate con consapevolezza e razionalità.

Gli spazi pubblici, intesi come strade, piazze, slarghi, giardini, richiedono un adeguato ridisegno e manutenzione per cercare di risolvere i problemi del traffico e dei rapporti sociali tra i cittadini, rapporti che non possono essere confinati solo in ambienti chiusi e club ristretti. 
Il pensiero della prossimità deve utilmente guidare questi interventi, assicurando a un tempo il rispetto delle preesistenze e la caratterizzazione funzionale e formale dei luoghi: in altri termini, la loro identità (genius loci, secondo la felice definizione di Norberg-Schulz), di contro alle periferie anonime generate dall’edificazione selvaggia del secondo dopoguerra. 
Il dialogo continuo tra cittadini, amministrazioni e tecnici deve diventare il modo ordinario di procedere per cercare soluzioni valide, utilizzando le tecniche e gli strumenti messi a punto dalla ricerca urbanistica più recente.

Gli spazi vuoti cittadini e le frange disordinate delle periferie sono nati da una speculazione edilizia, che ha spesso violentato il paesaggio naturale, e da una regolamentazione urbanistica attenta, nel migliore dei casi, al solo rispetto di parametri quantitativi (i cosiddetti standards urbanistici, i quali stabiliscono un rapporto minimo tra volumi edificati e superfici destinate al verde, alle infrastrutture e agli spazi pubblici, costituiscono una condizione necessaria ma non sufficiente per assicurare condizioni di vita qualitativamente accettabili). Tali ambiti, che si configurano spesso come terre di nessuno, devono diventare terre comuni, con una loro identità formale e funzionale, proprio come nel passato lo erano i cortili, gli slarghi e le piazzette, estensione all’aperto degli ambienti delle case di un vicinato o di un rione.

Ultimo, ma non meno importante, il problema della rendita fondiaria di posizione, molto spesso all’origine di disastrosi interventi di edificazione. Si tratta di quel fenomeno (politico-economico, non certo naturale) per cui chi possiede un terreno può essere svantaggiato o avvantaggiato (enormemente) dalle disposizioni di un Piano regolatore; tanto che un terreno a destinazione agricola di valore 1 prima dell’approvazione dello strumento urbanistico generale, assume valore 10 a seguito della destinazione a zona di espansione edilizia prevista dal suddetto piano, i cui costi sono però a quasi totale carico della collettività.
Le ricerche sull’argomento, ormai mature e condotte da ammirevoli giuristi come Stella-Richter, hanno prospettato democratiche soluzioni di perequazione della rendita fondiaria, adottabili se vi è la necessaria conoscenza da parte dei cittadini e la conseguente politica delle amministrazioni.

Credo che la transizione ecologica, talvolta sbandierata a sproposito da saccenti politici di turno, passi anche attraverso gli argomenti sopra esaminati.