giovedì 30 luglio 2020

17 - Le fonti del Diritto italiano

Richiamando il commento finale al precedente post sulla organizzazione gerarchica e razionale del nostro ordinamento giuridico, vediamo ora quali sono le fonti del Diritto, ossia i documenti emanati da appositi organi istituzionali (il Parlamento innanzitutto, ma anche il Governo, le Regioni e le Province autonome) e resi pubblici, in modo tale da portarli a conoscenza dei cittadini; i quali, a loro volta, in caso di violazione delle leggi, non possono invocare la mancata conoscenza delle stesse (ignorantia legis non excusat)
Il diagramma che segue mostra il livello gerarchico delle fonti di Diritto.

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Al primo livello abbiamo la Costituzione
Al secondo livello stanno le leggi e gli atti aventi forza di legge (Decreti).
Quindi vi sono i Regolamenti attuativi in materie di particolare difficoltà tecnica.
Le Circolari esplicative non sono a rigore fonti di diritto, ma molto spesso vengono elaborate e pubblicate da particolari enti e agenzie governative.
Le consuetudini in accordo con la legge costituiscono una sorta di fonte di diritto derivato dalla tradizione e possono specificare, in particolari ambiti, le disposizioni di legge alle quali si accordano (le consuetudini contra legem costituiscono invece violazioni di legge).
In tutto il sistema delle fonti di diritto italiano, vale il principio gerarchico e di coerenza delle disposizioni: le disposizioni di livello superiore prevalgono su quelle di livello inferiore e, nel caso di contraddizioni, le disposizioni derivanti da fonti di livello più basso non hanno valore e devono essere eliminate, pena ambiguità e incertezze che possono indurre cittadini e istituzioni a comportamenti in violazione delle leggi.
In proposito, un caso particolarmente importante, è costituito da disposizioni incostituzionali (più frequenti di quanto si possa pensare), che opportunamente segnalate, sono vagliate e eliminate dalla Corte Costituzionale (un caso notevole sono state in passato le disposizioni in materia di indennità di esproprio, in violazione dell'art.42 della Costituzione).
Le sentenze emesse dagli organi giurisdizionali, nei diversi gradi di giudizio, non costituiscono fonte di diritto.
Ci tengo a precisare questo aspetto perché più volte mi è capitato di discutere su questioni sostanziali con professionisti del settore che invocavano sentenze della Corte di Cassazione a loro vantaggio, neanche fossimo in regime di Common law.
C'è da dire che anni fa mi capitò persino di sentire al TG l'allora Presidente del Consiglio, laureato in legge, che sottoposto a interrogatorio durante un processo penale a suo carico, per non rispondere, "si appellò al quinto emendamento" (evidentemente aveva studiato diritto guardando i film di Perry Mason): ci sono più cose in cielo e in terra...

sabato 25 luglio 2020

16 - Le radici antiche di un metodo moderno

Quando oltre dieci anni fa dovetti cominciare a occuparmi di Diritto per questioni vitali di recupero di crediti professionali, mi si pose il problema, tutt'altro che semplice, di come riuscire a orientarmi nel mare magnum del sistema giuridico italiano.
Le mie conoscenze di Diritto erano limitate ai settori dell'Urbanistica e dell'Edilizia, per cui dovetti attingere alla mia formazione tecnico-artistica universitaria e, soprattutto, a quella scientifica liceale per seguire un criterio di apprendimento e di applicazione; l'obiettivo era, infatti, non di carattere accademico o semplicemente culturale, ma pratico: entrare in possesso dei compensi che non mi erano stati pagati, pur avendo lavorato e ottenuto gli obiettivi posti dai clienti (ricostruzione post-sisma 1998, in larga parte finanziata con soldi pubblici).
Quello che segue è un'illustrazione esemplificativa del metodo usato, il quale risale agli albori del pensiero occidentale, rivisto, integrato e aggiornato da Galileo in poi.

Nel terzo secolo a.C., Eratostene di Cirene riuscì a stimare con ottima approssimazione la circonferenza della Terra.
Come illustrato in figura, egli ipotizzò che le due città di Alessandria di Egitto e di Siene (attuale Assuan), di cui era nota la distanza in stadi (5.000 stadi egizi), fossero sullo stesso meridiano terrestre; Eratostene sapeva inoltre che a mezzogiorno del solstizio d’estate (21 Giugno, nell'attuale calendario gregoriano), a Siene il Sole era perpendicolare alla superficie terrestre, poiché gli oggetti non proiettavano ombra sul terreno e si riusciva a vedere il fondo dei pozzi, illuminato dalla luce solare.
Nello stesso giorno, Eratostene misurò l’inclinazione dei raggi solari (angolo a°=7°) ad Alessandria, ricavandola dall’ombra di un’asta infissa perpendicolarmente nel terreno; noti questi dati, dalla semplice proporzione
La circonferenza sta all’angolo giro come la distanza tra Alessandria e Siene sta all’angolo formato dall’ombra sul terreno” 
riuscì a ricavare la dimensione della circonferenza della Terra.
Nel linguaggio matematico moderno, la precedente proporzione, con riferimento ai valori riportati in figura, si esprime come:
Circ / 360° = 5.000 / 7°
dalla quale si ricava
Circ = 360° / 7° x 5.000 = 257.143 stadi
Poiché lo stadio egizio misurava circa 158 metri, inserendo tale valore nella precedente espressione si ottiene una lunghezza di:
Circ = 158 m x 257.143 stadi ≡ 40.628.571 m = 40.629 km
contro i 40.075 km rilevati con le odierne misurazioni satellitari, dunque, con un’eccellente approssimazione dell’1,4% (si ricordi che l'unità di misura delle lunghezze, il metro, venne scelta inizialmente come la quarantamilionesima parte del meridiano terrestre: dunque il meridiano terrestre venne stimato dagli scienziati francesi di fine secolo XVIII pari a 40.000 chilometri).
L’esempio storico riportato, sebbene tratto dall’antichità, illustra chiaramente il metodo della moderna scienza e delle tecniche applicate:
sulla base di ipotesi (Terra di forma sferica e città poste sul medesimo cerchio massimo di un meridiano terrestre) e di dati rilevati sperimentalmente (distanza tra le città e ombra proiettata dall’asta sul terreno) si giunge a risultati corretti, verificabili e replicabili da altri studiosi.
È importante sottolineare:
  • la logica lineare del procedimento seguito, in modo tale che ciascun passaggio possa essere sottoposto a verifica (ipotesi, dati di base, calcolo);
  • l’assunzione di ipotesi strettamente necessarie e sufficienti per effettuare la stima, escludendo elementi sovrannaturali o comunque non verificabili (tale criterio venne esplicitamente formulato dal filosofo medievale Guglielmo di Ockham ed è noto, appunto, come “rasoio di Ockham”).
Osservazioni:
  • sulla base delle odierne rilevazioni satellitari, l’ipotesi assunta che Alessandria e Siene siano sullo stesso meridiano terrestre non è proprio esatta, essendovi tra le due città una differenza di circa 3° di longitudine, tale comunque da non inficiare la stima.
  • la Terra non ha forma perfettamente sferica ma risulta schiacciata ai poli (per effetto della forza centrifuga generata dalla rotazione intorno al proprio asse, da cui deriva l'alternanza giorno-notte), dunque più simile a un ellissoide di rotazione (in particolare, si definisce geoide); tuttavia, l'approssimazione che risulta dall'ipotesi della sfericità del pianeta è accettabile.
  • l’angolo (a° = 7°), misurato da Eratostene mediante l’ombra dell’asta infissa perpendicolarmente al terreno, è uguale all’angolo (b°) che i raggi terrestri formano con i punti posti sulla superficie e relativi alle posizioni delle due città, perché formati da rette che hanno identica inclinazione, come evidenziato in figura (gli angoli a° = b° = 7° sono detti alterni-interni rispetto alle rette r1, r2 e r3).
Sorprendentemente, seguire il criterio logico esposto nell'esempio sopra riportato, mi ha consentito di vincere tutti i procedimenti intentati (ben 14) e, soprattutto, di addivenire ad una conoscenza efficace delle particolari questioni di cui mi sono occupato e mi occupo anche come consulente tecnico di parte; conoscenza che talvolta lascia stupiti persino i professionisti del settore, spesso annebbiati da un malsana consuetudine, che fa perdere loro di vista lo spirito e i risvolti pratici delle disposizioni legislative.
In realtà, non c'è da stupirsi più di tanto, perché il nostro sistema giuridico è organizzato in modo gerarchico secondo un criterio ipotetico-deduttivo, che lo rende molto più simile a materie come la geometria euclidea o altri settori della matematica di quanto possa sembrare a prima vista, avendo con essi la logica come elemento comune fondante.
Di questo parleremo nei prossimi post.


giovedì 23 luglio 2020

15 - Corruzione, tra abusi e omissioni

E' di questi giorni la notizia del gravissimo fatto, prima volta nella storia d'Italia, di una caserma dei Carabinieri messa sotto sequestro, con sei militari finiti in carcere per abusi, spaccio di droga, torture.
Sulle pagine online del Messaggero, un lettore commenta così questa notizia:
Un tempo, non lontano, l'Arma era vista come l'unica delle forze in divisa a rappresentare la legalità e l'attaccamento ai valori di sacrificio, sempre al servizio del cittadino. Ora, ovviamente ben sapendo che le mele marce si annidano dappertutto, ci sono molti, anzi troppi casi di malaffare e comportamenti deplorevoli, gli ultimi casi non fanno altro che confutare le mie osservazioni, stupri, depistaggi, connivenze con malavitosi sono solo gli ultimi eclatanti casi...
Ovviamente è difficile dargli torto, visto che il lettore in questione si limita a riferire dei fatti oggettivi, incontestabili.
Vi è però un aspetto positivo anche nella gravissima vicenda della Caserma CC di Piacenza: la denuncia, da cui è partita l'indagine sulla caserma "Gomorra", è stata fatta da un altro carabiniere, di quelli buoni (o, per meglio dire, da un vero carabiniere), che ancora ci sono; si tratta di una costante che puntualmente si è ripetuta in molti casi di malaffare che hanno coinvolto l'Arma: le denunce di colleghi malavitosi sono partite da agenti onesti, anche a rischio della loro vita, che in alcuni casi hanno perso (si vedano i miei post precedenti).
Questi veri servitori dei cittadini italiani hanno infranto il "codice del silenzio", io direi il muro di omertà e di favoreggiamento, e hanno onorato il patto di fedeltà alla Repubblica Italiana che hanno suggellato al momento del loro giuramento.
Nello specifico, è bene sottolineare che il nostro ordinamento giuridico prevede una simmetria di diritti tra cittadini e pubblici ufficiali e una asimmetria di doveri tra gli stessi: in altri termini, cittadini e pubblici ufficiali hanno il diritto di denunciare fatti costituenti notizia di reato, ma solo i secondi hanno il dovere di farlo.
Questa regola viene spesso infranta, purtroppo:
  • i cittadini spesso hanno il timore di denunciare abusi e omissioni della Pubblica Amministrazione, per paura di ritorsioni da parte della stessa (chi scrive ne riceve di continuo);
  • molti pubblici ufficiali dimenticano spesso il loro dovere, perché adempiendovi si metterebbero contro colleghi o comunque altri funzionari e dipendenti pubblici, tra i quali vige una sorta di "patto di non belligeranza", considerando i cittadini come sudditi, piuttosto che come lo Stato da servire e dal quale sono pagati.
Eppure, è proprio attraverso gli abusi e le omissioni in atti di ufficio che si attua la corruzione (si veda il post precedente), agevolando gli amici e gli amici degli amici etc. e ostacolando chi amico non è o, peggio, risulta scomodo; la gravità di tali reati non è sfuggita al legislatore, che infatti ha previsto la trattazione delle relative cause penali davanti ad un corte collegiale (tre giudici, anziché uno, come nella maggioranza dei casi).
Per rendere concreto il discorso, al solito riporto alcuni casi capitati a me personalmente nel corso della mia attività:
1) qualche anno fa mi venne rifiutato un accesso agli atti, ex Legge 241/1990, relativi alla documentazione del plagio con contraffazione di un mio progetto commissionatomi da un Ente pubblico; la mia denuncia, dell'abuso commesso dal responsabile che voleva negarmi il diritto di prendere visione dei documenti richiesti, venne archiviata; tranne scoprire qualche anno dopo, che questo episodio si inseriva in un giro ben più ampio di appalti pubblici pilotati per i quali il suddetto responsabile e suoi degni compari di merenda sono ora sotto processo, per una serie di reati le cui condanne sommate equivalgono ad un ergastolo (per ciascuno di loro);
2) lo stesso responsabile del servizio (la definizione suona nel suo caso come un ossimoro), si era riservato abusivamente il compito di direzione lavori per una sistemazione ambientale, con il trucco di non chiedere la copertura finanziaria regionale per tale compito, che sarebbe dunque stata assegnata direttamente a lui dall'Ente pubblico presso il quale lavorava. Senonché, con l'incarico di consulente per un cittadino che lamentava la mancata realizzazione delle opere previste e finanziate (tranne la direzione lavori, per cui gli stessi lavori non potevano essere appaltati), svelai l'arcano dello stallo, che denunciai prontamente a prefettura, regione ed ente interessato, la cui amministrazione era nel frattempo fortunatamente cambiata. Oggi l'opera risulta eseguita, avendo la regione imposto la realizzazione della stessa, pena la restituzione dei fondi assegnati all'Ente per tali lavori;
3) purtroppo, è ancora in corso, sempre con lo stesso ente, un'altra questione simile, relativa alla realizzazione di infrastrutture per la riduzione del rischio sismico dell'abitato: i vari milioni di euro assegnati e devoluti sembra che siano stati abusivamente distratti e usati per l'ampliamento del cimitero comunale, piuttosto che per la realizzazione di vie di fuga e di aree di raccolta e primo soccorso, necessarie in caso di sisma.
Come dire: piuttosto che cercare di salvare le vite delle persone in occasione di terremoti (siamo in zona sismica di seconda categoria), la solita cricca di malviventi nella pubblica amministrazione ha pensato bene di assicurare un alloggio definitivo agli stessi cittadini. 


martedì 21 luglio 2020

14 - La questione morale e la tradizione

Questo post risponde alla domanda che mi è stata rivolta ieri, con disappunto, da un lettore: perché rivangare cose passate e messe "sotto sale" (espressione usata dal lettore) come quelle raccontate negli ultimi miei scritti?
Equivale alla domanda di chi, dovendo studiare Storia (recente nel nostro caso), si chiede perché studiarla. La risposta, tutt'altro che scontata, è che tale studio può offrirci delle chiavi di lettura del presente e, dunque, consentirci di agire con qualche consapevolezza in più.
Vediamolo nel caso concreto.
In un'intervista del 1981 rilasciata a Eugenio Scalfari, allora direttore di Repubblica,  Enrico Berlinguer cominciò a parlare di "questione morale", riferendosi alla strada tradizionale smarrita dai partiti politici italiani, che si dirigevano verso altri lidi cavalcando "l'onda lunga".
Senonché, l'onda lunga, in vicinanza dell'approdo, si rivelò essere uno tsnunami (Mani pulite) che li spazzò via, lasciando solo alcuni residui che ancora incredibilmente si vedono in qualche talk-show televisivo.
Il discorso è ben più ampio di quello fatto all'epoca da Berlinguer: la morale (il mos majorum degli antichi Romani e l'ethos degli antichi Greci), intesa come insieme di valori condivisi da un gruppo sociale, costituisce il criterio-guida dell'agire comune; dunque, ha un effetto rilevante sulla vita di un popolo, nel cercare di soddisfare quelli che sono i suoi bisogni concreti e le sue aspirazioni.
Quello che a me pare evidente, studiando appunto la storia recente del nostro Paese, è che si sia passati dalle capacità, dall'onestà, dalla volontà e dall'impegno del secondo dopoguerra, ad una società godereccia e disimpegnata (nel lavoro onesto, prima ancora che nel sociale e nella politica) proprio a partire dagli anni '80 del secolo scorso.
Il fenomeno più evidente di questo trapasso è stato il dilagare della corruzione: uno studio europeo stima intorno ai 230 miliardi di euro all'anno il costo della corruzione in Italia.
Per comprendere la portata di tale cifra, basta confrontarla con i 209 miliardi di euro che il Governo italiano è riuscito l'altro giorno a ottenere dalla Unione Europea dopo una dura trattativa di 5 giorni e 5 notti, per cercare di risollevare il Paese dopo il disastro economico dovuto al Covid-19.
Si comprende anche come mai i cosiddetti "paesi frugali" si siano opposti pesantemente alle nostre richieste, magari anche pretestuosamente, comunque con la convinzione che i soldi elargiti dall'UE all'Italia possano finire a "tarallucci e vino".
Dunque, almeno due sono gli esempi che ciascun odierno cittadino può seguire liberamente: quello di chi ha ricostruito questo Paese dopo il disastro della seconda guerra mondiale, lasciandoci uno stato repubblicano con un'ottima Costituzione, oppure può seguire le orme di chi questo paese lo ha affossato, con disonestà e incapacità e per puro tornaconto personale. 
Si tratta di due anime che convivono nel nostro Paese, come due cani che lottano continuamente, l'uno buono e mite, l'altro cattivo e feroce: di volta in volta, nei vari periodi storici, vince quello che il popolo nutre di più.
Al di là dei discorsi generali che sono sotto gli occhi di tutti, voglio citare due fatti esemplari capitati a me personalmente in un settore, quello della Giustizia, che dovrebbe esprimere al meglio quei valori di onestà, equità, trasparenza, efficacia e efficienza come recita la nostra Costituzione.
1. Nel 2017 pubblicai il mio romanzo Viale dei Giardini, nelle cui pagine iniziali descrivo, con ironia, un episodio di sesso mercenario all'interno di un ufficio della Procura chiamata a indagare sull'omicidio che è il filo conduttore del racconto. L'episodio è frutto di totale invenzione, ma, forse non ci crederete, un'avvocatessa, che opera nel Foro che mi ha ispirato il romanzo, mi disse: "Ho capito chi è la cortigiana che si lavora il Sostituto Procuratore". Quando le feci presente che si trattava di un episodio di pura fantasia, mi guardò con un sorrisetto ironico che voleva dire: "La sai lunga e non ti vuoi esporre".
Questo per dire che l'episodio fantasioso da me narrato era talmente verosimile da risultare reale ai suoi occhi, perché perfettamente intonato all'ambiente di quel Foro.
2. Qualche anno fa, mi lamentavo un giorno con un'altra avvocatessa di un Sostituto Procuratore (il solito), il quale aveva chiesto l'archiviazione di una mia dettagliata e documentata denuncia per appropriazione indebita di denaro pubblico e malversazione ai danni dello Stato. Consapevole della fondatezza delle mie accuse, l'avvocatessa si offrì di accompagnarmi per parlare direttamente con il Sostituto Procuratore, noto "fimminaro" (per dirla con Camilleri), che forse avrebbe ripreso in considerazione la mia denuncia grazie alla presenza femminile.
Ringraziai, ma rifiutai fermamente, perché mi ripugnava dover ricorrere a questi stratagemmi per stimolare (è il caso dire) un vecchio bavoso a fare il suo dovere, remunerato com'è con circa ottomila euro mensili lordi dai cittadini italiani.
Quando raccontai questa cosa all'avvocatessa dell'episodio 1 sopra descritto, questa, anziché mostrarsi indignata, mi disse: "Tanto non avresti ottenuto nulla perché al Procuratore piacciono le bionde!
A quel punto, le mie eliche cominciarono a girare vorticosamente, simili alle pale di un elicottero cargo a doppio rotore, al solo pensiero di dover portare giumente dal mantello diverso (baio, morello, rabicano etc.) per consentire al vecchio stallone di scegliere quella che più gli piaceva e spingerlo a fare il suo dovere.
Infine, la mia incazzatura raggiunse l'apice quando pensai che, a causa di simili atteggiamenti, oltre un secolo di sacrosante lotte femministe per vedere riconosciuti i diritti delle donne, andava a finire a puttane, letteralmente. 
  

sabato 18 luglio 2020

13 - Trattativa Stato-Mafia

Il 20 Aprile 2018, la Corte d'Assise di Palermo, Sezione II, ha emesso la sentenza di primo grado (è in corso l'appello) contro i vertici del ROS dell'Arma dei Carabinieri e alcuni politici per il reato di cui all'art.338 del Codice Penale: Minaccia a un corpo politico dello Stato.
Secondo tale sentenza, risulta provato che all'inizio degli anni '90 del secolo scorso, le stragi compiute da Cosa nostra costituirono l'arma ricattatoria con cui la mafia costrinse alcune forze politiche, che proprio in quegli anni subentravano a DC e PSI spazzati via da Mani pulite, a stipulare una sorta di patto di mutuo soccorso: l'appoggio elettorale di Cosa nostra e la cessazione della strategia stragista in cambio di una mano più leggera nel contrasto all'organizzazione mafiosa, incluso un regime meno restrittivo per i boss finiti in carcere.
Come scritto sopra, è in corso il Processo di Appello, per cui le pesanti condanne riportate dai protagonisti di tale trattativa (principali condannati: generale Mario Mori, generale Antonio Subranni, colonnello Giuseppe De Donno, ex senatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri) dovranno essere verificate nel secondo grado di giudizio.
  1. E' un fatto però che, a seguito della chiusura di tale trattativa dimostrata in primo grado, le stragi cessarono.
  2. E' un fatto che le stragi dell'epoca vennero rivendicate da una sedicente Falange Armata, con telefonate che partirono tutte dalle sedi periferiche del SISMI in Italia, come appurato da un'indagine del SISDE ordinata dal Presidente del CESIS, Francesco Paolo Fulci.
  3. E' un fatto che i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vennero eliminati insieme con i loro uomini di scorta proprio perché combattevano senza compromessi Cosa nostra.
  4. E' un fatto che il covo dove fu catturato Totò Riina non venne perquisito al momento dell'arresto del boss, offrendo così la possibilità di far sparire documenti probabilmente compromettenti per alcuni vertici politici e militari dello Stato.
  5. E' un fatto che alcuni vertici del SISMI avevano ottenuto l'illecito permesso di fare visita ai boss mafiosi sottoposti al regime di carcere duro previsto dall'art.41bis dell'ordinamento penitenziario italiano, senza lasciare traccia nei registri delle visite degli istituti di pena dove i boss erano detenuti.
Sulla base di questi fatti, si comprende bene per quale motivo il magistrato Nino Di Matteo, Pubblico Ministero nel processo di cui alla sentenza del 20 Aprile 2018, non abbia avuto la promessa nomina alla direzione del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (sarebbe stato di intralcio a queste illecite frequentazioni).
Data l'enorme importanza dell'affare in corso tra alcuni uomini delle istituzioni e boss mafiosi, si comprende anche come mai, a trenta anni di distanza, il delitto di Antonino Agostino (ucciso insieme alla moglie e al bimbo che aspettava) e la scomparsa del suo collega Emanuele Piazza restino ancora irrisolti.  

venerdì 10 luglio 2020

12 - L'assassinio di un uomo giusto in servizio in un momento sbagliato

Circa una settimana fa, intervistarono in uno dei TG nazionali un signore anziano dalla lunga barba e dall'accento siciliano che mi sembrava di aver già visto da qualche parte; quando il giornalista ne pronunciò il nome (Vincenzo Agostino) e accennò al caso che riguardava il figlio Antonino, assassinato 31 anni fa, mi ricordai di una puntata di Blu Notte vista diversi anni fa sull'argomento.
Questa la storia.

E' la sera del "5 Agosto 1989; Antonino Agostino, agente di Polizia alla questura di Palermo, era a Villagrazia di Carini (Palermo) con la moglie Ida Castelluccio, sposata  appena un mese prima ed incinta di due mesi. La sorella Flora festeggiava i 18 anni e così Antonino andò insieme alla moglie al villino dei genitori sul lungomare Colombo a Villagrazia di Carini. Era l'occasione per Ida di comunicare alla sua amica Flora di  aspettare un bambino. Le due erano legatissime; grazie a lei nel 1986 aveva  conosciuto Antonino. Verso le 19:40, prima di andarsene, i due giovani coniugi andarono dal vicino per fargli vedere l'album di nozze. Improvvisamente arrivò una motocicletta con due persone; iniziarono a sparare: Antonino fece in tempo ad aprire il cancello e fare scudo alla moglie. Colpito da vari proiettili morì all'istante. Ida urlò che stavano uccidendo il marito e da terra li affrontò gridando "vi conosco". Uno dei due le sparò al cuore. I genitori di Agostino, uditi gli spari, andarono a soccorrere il figlio e la nuora: Antonino era morto, Ida si trascinava verso il corpo del marito. La madre di Agostino, insieme ad un vicino, la portarono in auto all'ospedale cittadino (distante pochi chilometri). Ida morì pochi minuti dopo il ricovero" (da Wikipedia).
Così si consumò uno dei più efferati delitti dei "favolosi anni '80" del secolo scorso, quelli della "Milano da bere", per intenderci (torneremo sull'argomento in un altro prossimo post); triplice omicidio, di Antonino, della moglie e del bimbo che aspettavano, apparentemente inspiegabile.
Da allora, Vincenzo, il padre di Antonino, non si è più tagliata la barba, per ricordare alle istituzioni preposte che egli continua ad aspettare giustizia per il figlio assassinato, pur temendo di “Non arrivare a vedere chiuso questo processo, per vedere condannato chi ha ucciso mio figlio.
Antonino era un'agente della Polizia di Stato, in servizio presso la Questura di Palermo, dunque per anni il delitto è rimasto inspiegabile (all'inizio venne seguita persino una "pista passionale" che non condusse a nulla).
Solo venti anni dopo, nel 2009, "il collaboratore di giustizia Vito Lo Forte dichiarò che Agostino, insieme con il collega Emanuele Piazza (anche egli scomparso nel 1990 e il cui corpo non è mai stato ritrovato), anch'egli agente del SISDE, si trovava nei pressi dell'Addaura la mattina  del 20 Giugno 1989, il giorno prima del fallito attentato a Falcone e riuscirono ad impedire che l'attentato si compisse, fingendosi sommozzatori e rendendo inoffensivo l'ordigno nelle ore notturne antecedenti al ritrovamento".
Nonostante ciò, qualche anno fa, la Procura che indagava aveva chiesto l'archiviazione del caso ed è stato solo grazie alla tenacia di Vincenzo e alle richieste dell'avvocato Fabio Repici, legale della famiglia Agostino, che la Procura di Palermo, guidata dal magistrato Roberto Scarpinato, ha avocato a sé le indagini, chiedendo il rinvio a giudizio per i boss mafiosi Antonino Madonia e Gaetano Scotto, accusati dell'assassinio di Agostino, e per un vicino e "amico" di Agostino, tale Francesco Paolo Rizzuto, accusato di favoreggiamento aggravato.
"Per la DIA, Agostino e Piazza lavoravano in un gruppo segreto di buoni e cattivi. Ai primi appartenevano i due giovani poliziotti uccisi entrambi nel giro di sei mesi. Dei secondi, invece, faceva parte Giovanni Aiello, alias Faccia da Mostro, il killer col tesserino dei servizi segreti in tasca, indicato da diversi pentiti di mafia come il braccio armato dello Stato-mafia tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90. Aiello fu pure indagato per il delitto Agostino, ma è morto d’infarto due anni fa mentre si trovava in spiaggia"; neanche a dirlo nel periodo in cui si riaprivano le indagini sul delitto Agostino, dopo l'avocazione delle stesse da parte della Procura di Palermo (probabile che si sia trattato di un infarto di Stato).
Per comprendere in quale grande affare fosse incappato, a sua insaputa, Agostino, dovremo scrivere nel prossimo post della trattativa Stato-mafia, ovvero di quel "patto sporco", come lo ha giustamente definito il magistrato Nino Di Matteo.

venerdì 3 luglio 2020

11 - LA STRAGE DI USTICA: VOLO IH870

La sera del 27 Giugno 1980, 81 persone (4 membri dell'equipaggio e 77 passeggeri, tra cui 13 bambini), si imbarcano all'aeroporto di Bologna su un areo di linea (un DC-9) della compagnia ITAVIA per raggiungere Palermo; non vi arriveranno mai, perché, alle 20:59 di quella sera, quell'aereo precipita in mare e nessuno degli occupanti si salva.
Comincia così una delle più tormentate Stragi impunite (secondo la definizione del magistrato Ferdinando Imposimato) della nostra Repubblica.
A quaranta anni di distanza, questa la sintesi di una vicenda lunghissima e volutamente ingarbugliata, di cui potete leggere i dettagli nei riferimenti a fine post:

  • l'ipotesi accettata con valenza in sede penale e risarcitoria, riguarda il  coinvolgimento internazionale, segnatamente francese, libico e statunitense, con il DC-9 che si sarebbe trovato sulla linea di fuoco di un combattimento aereo, venendo infine bersagliato per errore da un missile, sparato da un caccia NATO contro un MIG dell'aviazione dello stato nordafricano; il quale, probabilmente, si era nascosto ai radar facendosi scudo dell'aereo passeggeri italiano (ipotesi avvalorata anche da perizie e testimonianze francesi e americane);
  • ad oggi nessuna condanna in sede penale, nonostante i procedimenti civili siano giunti alla conclusione che un missile colpì l'aereo passeggeri, causandone l'esplosione (ciò metterebbe sotto accusa l'Aeronautica Militare Italiana di essere stata incapace di difendere il cielo italiano da attacchi stranieri);
  • il 22 aprile 2020 la Corte d'Appello di Roma ha condannato il Ministero della Difesa  e il Ministero dei Trasporti a risarcire alla Società di trasporto aereo ITAVIA 320 milioni di euro, per non aver garantito la sicurezza dei cieli sopra il territorio nazionale;
  • Il 10 luglio 2017, la prima sezione civile della Corte di Appello di Palermo ha condannato il Ministero della Difesa e il Ministero dei Trasporti a risarcire 45 familiari di alcune delle 81 vittime della strage di Ustica per complessivi 55 milioni di euro;
  • la strage ha comportato oltre 300 miliardi di lire di sole spese processuali.


Nel frattempo, molte persone, coinvolte a vario titolo nella vicenda, sono morte in modo quantomeno sospetto:

  1. maresciallo Mario Alberto Dettori: trovato impiccato il 31 marzo 1987;
  2. maresciallo Franco Parisi: trovato impiccato il 21 dicembre 1995;
  3. maggiore medico Gian Paolo Totaro: trovato impiccato il 2 novembre 1994;
  4. maresciallo Antonio Muzio: omicidio, 1º febbraio 1991;
  5. generale Roberto Boemio: omicidio, 12 gennaio 1993 a Bruxelles;
  6. tenente colonnello Sandro Marcucci: incidente aereo, 2 febbraio 1992.

Altre persone coinvolte nella strage sono morte in incidenti stradali, forse causali, forse no: sta di fatto che esse erano in possesso di informazioni sulla strage, inutilizzabili dalla magistratura inquirente dopo la loro morte.
Il cinema ha dedicato alla strage numerosi films, tra cui Muro di gomma, titolo che indica il comportamento delle istituzioni italiane nei confronti delle ricostruzioni che  attribuivano la causa del disastro aereo di Ustica a un'azione militare. 
De Gregori ha dedicato alla strage la bella canzone Sangue su sangue, che "precipita senza rumore" e "non macchia, va subito via", ad indicare che è stato versato altro sangue nell'uccisione dei testimoni sopra citati per cancellare il sangue della strage (la tristezza del messaggio del testo è amplificata dal contrasto con il ritmo musicale, apparentemente allegro).
Per questo non esulto quando vedo le evoluzioni nel cielo delle Frecce tricolori, durante inutili e costose parate militari di rappresentanza: anzi, provo il naturale fastidio di chi si sente preso in giro da coloro che dovrebbero garantire la sicurezza nello spazio aereo del nostro Paese.   

riferimenti:
Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Ustica
https://www.ildialogo.org/Allegati/lavorolaurapicchistragediustica.pdf
http://amsdottorato.unibo.it/7094/1/ranciortigosa_cora_tesi.pdf